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Sbarchi migranti a Lampedusa, parte la missione dell'Ue in Tunisia

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La priorità ora è evitare un collasso della Tunisia che possa aggravare la situazione migranti. Per questo il commissario Ue, Paolo Gentiloni, si è recato a Tunisi per incontrare le massime autorità del paese - compreso il presidente Saied - e spingere per un accordo che porti all'erogazione dei prestiti del Fondo monetario internazionale. "La Commissione è pronta a prendere in considerazione un'ulteriore assistenza macrofinanziaria se le condizioni necessarie sono soddisfatte", ha affermato il commissario, e la prima "è l'adozione da parte dell'Fmi di un nuovo programma di erogazione" ed "è fondamentale che ciò avvenga il prima possibile".

Di pari passo, Bruxelles sta cercando di stringere nuovi accordi con il governo tunisino sulla "gestione dei flussi migratori verso l'Europa" che comprenda anche un rafforzamento del contrasto ai trafficanti. Gentiloni parla di "contatti rinnovati tra la Commissione e le autorità tunisine", che potrebbero concretizzarsi nella prossima visita della commissaria agli Affari interni, Ylva Johansson, assieme al ministro Piantedosi.

Nelle scorse settimane i flussi sulla rotta del Mediterraneo centrale hanno visto un incremento che l'hanno portata ad essere di nuovo la rotta più intensa, dopo un periodo di forte afflusso di quella Balcanica. Da gennaio a oggi i migranti sbarcati sulle nostre coste sono stati 26.927, mentre nel 2022 erano stati 6.543, riposta il Ministero dell'Interno.

Solo negli ultimi cinque giorni i migranti sbarcati sono stati 6.564, cifre che potrebbero crescere con l'arrivo della bella stagione. L'Ue vuole rafforzare la dimensione esterna con gli accordi di partenariato con i paesi di origine e provenienza, mentre al momento non è all'ordine un'altra operazione Sophia, inaugurata nel 2015 e conclusa nel marzo 2020, anche per volere dell'allora ministro dell'Interno Matteo Salvini. La missione serviva a "identificare, catturare e smaltire le navi e i mezzi utilizzati o sospettati di essere utilizzati da trafficanti di migranti" e "impedire l'ulteriore perdita di vite umane in mare".

Oggi di fronte alle coste della Libia rimane la missione Irini, incaricata di vigilare sull'embargo sulle armi deciso in sede Onu. L'Ue ha ribadito che non sostiene finanziariamente il governo libico e che le motovedette consegnate e quelle che intende aggiungere sono solo un'assistenza alla Guardia costiera libica per migliorare le operazioni di soccorso "con motovedette dotate di attrezzature e squadre addestrate con particolare attenzione ai diritti umani", ha riferito un portavoce della Commissione europea. Anche sulla notizia di minacce e spari contro la Ocean Viking da parte della Guardia costiera libica, riportate sabato, l'Esecutivo Ue ha affermato di voler chiedere chiarimenti alle autorità libiche. Una narrazione che non coincide con la relazione che hanno fatto alcuni esperti di diritti umani sostenuti dall'Onu.

I tecnici, incaricati di condurre un'indagine sulla situazione in Libia, in un report dettagliato pubblicato al termine di una missione d'inchiesta creata quasi 3 anni fa, hanno criticato l'Unione europea per aver inviato sostegno alle forze libiche che, a loro dire, hanno contribuito a crimini contro migranti e libici. "Il sostegno fornito dall'Ue alla Guardia costiera libica in termini di allontanamenti, respingimenti e intercettazioni ha portato a violazioni di alcuni diritti umani", ha dichiarato uno degli investigatori incaricati dal Consiglio per i diritti umani sotto l'egida dell'Onu, Chaloka Beyani. "Non si possono respingere le persone in aree non sicure e le acque libiche non sono sicure per l'imbarco dei migranti", ha proseguito, precisando che l'Ue e i suoi Stati membri non sono stati ritenuti responsabili di crimini, ma "il sostegno fornito ha aiutato e favorito la commissione dei crimini stessi".

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