Cutro
Cutro, la rivolta dei migranti contro gli scafisti: rischiano il linciaggio
I migranti miracolosamente sopravvissuti alla tragedia del naufragio di Cutro hanno trovato anche la forza e la lucidità mentale di sventare la fuga degli scafisti. È quanto emerge dal racconto riportato dal Corriere della Sera e racchiuso nelle parole dei diversi testimoni superstiti del mezzo di fortuna, che non è mai giunto a destinazione. Nell’ampio provvedimento di fermo per i tre presunti “capitani” da ieri in carcere, come li chiamavano i passeggeri, si parla di una tentata aggressione di questi ultimi nei confronti degli scafisti. Si tratta di un turco cinquantenne e due pachistani, uno di 25 anni e l’altro che sostiene di essere minorenne. Tutti concordi nell’asserire che anche loro erano vittime: “Non sono uno scafista, ma un migrante in fuga come tutti gli altri”. Ecco, la reazione violenta dei veri migranti sarebbe avvenuta a naufragio già avvenuto, in quei primi attimi di follia sulla riva, quando hanno capito di aver perso per sempre madri, padri, fratelli, sorelle. Figli.
Il più grande, il turco, secondo il quotidiano sarebbe riuscito a dileguarsi, nascondendosi dietro una pianta appena prima che le forze dell’ordine giungessero sul luogo del dramma. E sarebbero stati proprio i migranti ad aiutare i carabinieri a scovare il furbo, con gli altri due rimasti che invece si mimetizzavano tra gli altri sopravvissuti sperando di non essere riconosciuti. Poi il provvedimento parla anche di un quarto indagato, per il quale ancora non esistono prove certe. Le accuse sono pesanti e derivano da “indizi gravi e concordanti”: omicidio e naufragio colposi, nonché favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Ma non c’è stata nessuna presa di coscienza, meno che mai ammissione di colpa. Gli scafisti dicono di non essere a conoscenza né della proprietà del barcone, Summer Love, né della quota pagata dai migranti, che ammonterebbe a una cifra tra i 7500 ai 9500 dollari. Insomma, un traffico di esseri umani a tutti gli effetti di cui loro però, ignari di tutto, non sanno niente. E forse non sanno nemmeno che, secondo quanto riferito dai testimoni, una loro accelerata per fare prima a un passo dal traguardo ha estinto ogni speranza di compiere l’impresa di superare quel mare troppo grosso per non fare paura.
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Ad ogni modo, a spegnere le polemiche delle scorse ore su eventuali soccorsi negati ci ha pensato il procuratore di Crotone, Giuseppe Capoccia: “L’indagine è sul naufragio e non sulla catena dei soccorsi”. Perché con quelle onde c’era ben poco da fare. E comunque, chiude, “stiamo ricostruendo tutti i passaggi della vicenda”.