migranti e tensioni
Migranti e tensioni, missione nei Balcani per Antonio Tajani e Guido Crosetto
Non sarà il «piatto principale» della missione, ma la questione migranti rientrerà tra i temi che saranno affrontati, oggi, nel viaggio nei Balcani dei ministri Antonio Tajani (Esteri) e Guido Crosetto (Difesa). Il dossier, in particolare, sarà discusso con il presidente serbo Aleksandar Vucic, al quale verrà chiesto di allinearsi al sistema dei visti europeo, dato che al momento Belgrado non prevede visti d'ingresso da diversi Paesi, tra cui alcuni africani. Una situazione che ha contribuito all'escalation di arrivi verificatisi quest' anno in Italia sulla rotta balcanica.
Nel 2021 i migranti che passarono il confine di Trieste furono 60mila, quest' anno invece sono stati già toccati i centomila. A chiedere l'intervento del governo, in un'intervista a «Il Tempo», era stato solo pochi giorni fa il sindaco della città giuliana Roberto Dipiazza, auspicando l'utilizzo delle numerose caserme della zona in disuso per gestire le prime fasi dell'accoglienza. Il governo, in realtà, con il viaggio nei Balcani dei due ministri proverà ad agire anche sulle partenze, sebbene l'intesa con Vucic - con Orban il leader più «putiniano» in Europa - non si annunci per niente facile.
Della difficile situazione al confine triestino ha parlato anche la segreteria friulana del Sindacato Italiano Unitario Lavoratori Polizia, ricordando come tra gennaio e maggio gli arrivi siano aumentati del 167% rispetto all'anno precedente e invitando il governo a intervenire «affinché questa regione non diventi un immenso campo profughi a cielo aperto».
Il tema principale del viaggio odierno di Tajani e Crosetto, però, sarà un altro. Ovvero l'obiettivo di mandare un forte messaggio di distensione a Serbia e Kosovo, protagoniste di una crisi che preoccupa non solo l'Italia ma anche Bruxelles. A tal fine, i due ministri del governo Meloni si recheranno prima a Belgrado e poi a Pristina, dove incontreranno in modo congiunto prima Vucic e poi il premier del Kosovo, Albin Kurti.
La principale fonte di tensione resta la dichiarazione di indipendenza del Kosovo del 2008, non riconosciuta da Belgrado, che incoraggiala minoranza serba a restargli fedele. L'ultimo sviluppo riguarda la spinosa questione delle targhe che, questa estate, aveva portato alle stelle la tensione al confine tra la Serbia e la sua ex provincia a maggioranza albanese e per cui, di recente, anche lo stesso Crosetto ha rilanciato l'allarme. «La situazione sta degenerando», ha avvertito Crosetto, auspicando che la missione di oggi contribuisca a «scongiurare» un aggravamento. La tempistica è delicata: scaduta la moratoria richiesta da Ue e Usa, dal 1 novembre in Kosovo è entrata in vigore la legge che impone l'obbligo di reimmatricolazione delle auto con targa serba, da sostituire con quella kosovara siglata RKS. Pristina ha deciso di cadenzarne l'applicazione fino al 21 di aprile, ma la nuova dilazione non ha portato a un allentamento delle tensioni interetniche. Da ieri, fino al 21 gennaio, è in vigore la fase che prevede una multa di 150 euro per chi ancora non si è uniformato. La crisi è seria: Vucic ha messo l'esercito in stato d'allerta, Belgrado ha avvistato droni militari sul confine, mentre il 5 novembre i serbi impiegati nelle istituzioni pubbliche kosovare hanno dato le dimissioni in massa.
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Ieri, peraltro, l'Alto rappresentante della Ue per la Politica estera Josep Borrell aveva convocato i due leader a Bruxelles per una riunione d'urgenza. Incontro che si è concluso con una fumata nera. «Per amore di trasparenza, devo dire che abbiamo avanzato una proposta che avrebbe potuto evitare questa situazione rischiosa, che il presidente Vucic ha accettato, ma purtroppo il primo ministro Kurti no» ha denunciato Borrell. «Ora mi aspetto che il Kosovo sospenda immediatamente ulteriori fasi relative all'immatricolazione dei veicoli nel nord del Kosovo. E la Serbia, sospenda il rilascio di nuove targhe che denominano le città del Kosovo, comprese le targhe Km».
Il clima che troveranno Tajani e Crosetto sarà insomma molto teso. Si vedrà se i rappresentanti italiani riusciranno a ristabilire il dialogo tra i due leader. Di tutto c'è bisogno fuorché di un nuovo conflitto in piena Europa. Che, peraltro, aumenterebbe ulteriormente la pressione migratoria sul confine friulano.