emergenza migranti
Migranti, l'Europa segue il piano di Piantedosi
Il primo obiettivo- rendere l'escalation degli sbarchi nel Sud Italia un problema europeo e non solo di Roma - è stato raggiunto. Alla vigilia del Consiglio straordinario dei ministri dell'Interno sull'immigrazione, in programma venerdì 25 novembre e fortemente voluto dal governo Meloni, la Commissione ha infatti presentato per la discussione un piano d'azione dell'Ue sulla rotta del Mediterraneo centrale, con 20 misure articolate attorno a tre pilastri.
Si tratta sostanzialmente di una cornice che individua una serie di linee d'azione. Dalla collaborazione rafforzata con i Paesi di partenza (Tunisia, Egitto e Libia) al miglioramento della cooperazione tra gli Stati membri e tutti gli attori coinvolti nelle attività di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo centrale (Ong comprese). Dall'istituzione di operazioni di rimpatrio rapide sostenute da Frontex all'applicazione più assertiva del meccanismo volontario di solidarietà, che finora ha visto ricollocati appena un centinaio di migranti rispetto agli ottomila che dall'Italia avrebbero dovuto essere trasferiti nei 19 Paesi aderenti all'accordo.
Poi c'è quello che nel piano non è (ancora) scritto, ma che è stato citato in conferenza stampa dalla commissaria agli Affari interni Ylva Johansson, ad esempio l'istituzione di un codice di condotta per le Ong, fortemente auspicato da Piantedosi e, a detta della commissaria, già presente con le linee guida nel vasto pacchetto del Patto Migrazione e Asilo in discussione al Parlamento e al Consiglio. E, infine, la necessità che anche gli «Stati di bandiera» delle navi che effettuano salvataggi siano in qualche modo coinvolti nelle operazioni di accoglienza. Fermo restando che «l'obbligo legale di soccorrere e di garantire la sicurezza della vita in mare è chiaro, a prescindere dalle circostanze che portano le persone a trovarsi in una situazione di disagio».
Lo scenario, però, «manca ancora di sufficiente chiarezza». Per Johansson, quindi, è necessario un corpus di regole comuni, anche perché «gli ultimi eventi confermano che la situazione è insostenibile. Il Mediterraneo centrale è una delle rotte con più arrivi irregolari di migranti e una delle più pericolose». Per questo «dobbiamo aumentare gli sforzi congiunti».
Fin qui i principi. Per riempirli di contenuti e regole chiare sarà necessario un accordo tra gli Stati, a partire proprio dal tavolo di venerdì, con una prima discussione che poi dovrebbe concretizzarsi a dicembre. Per l'Italia sarà importante riattivare in qualche modo il canale con Parigi, che sullo scontro sulla Ocean Viking continua ad avere un atteggiamento ambiguo. Da un lato sostiene di non voler più partecipare al meccanismo volontario di solidarietà, dall'altro alla sua opinione pubblica spiega che i gli oltre 230 sbarcati Migranti Quelli che dovrebbero essere redistribuiti dall'Italia ad altri 19 Paesi secondo il meccanismo volontario di solidarietà. Finora, però, ne sono partiti appena cento a Tolosa vanno detratti proprio dai 3.500 previsti dall'accordo ora rigettato.
A Bruxelles ci sarà l'ennesima occasione per chiarirsi. Nel frattempo, però, Matteo Piantedosi ha accolto con favore la presentazione del piano europeo: «Sono soddisfatto - ha detto il ministro dell'Interno - perché il testo mette al centro della discussione alcune importanti questioni in tema di gestione dei flussi migratori e lo fa nella prospettiva già auspicata dal Governo italiano».
«In particolare - ha continuato - mi riferisco alla condivisione dell'esigenza di una più intensa cooperazione con i Paesi di origine e transito dei flussi migratori, anche attraverso la realizzazione di specifici programmi europei di investimenti su quei territori. Molto significativo il riferimento a una implementazione del meccanismo di solidarietà adottato nel giugno scorso, in considerazione del fatto che la sua applicazione concreta, fino ad oggi, ha dato per l'Italia risultati assolutamente insufficienti». «Altrettanto importante ha detto ancora il ministro l'aspetto relativo a un maggiore coordinamento delle attività di ricerca e soccorso nelle aree SAR, che prevede, come da tempo richiesto dall'Italia, un ruolo anche per gli Stati di bandiera»