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Migranti, la Ue dà ragione all'Italia: "Per salvare vite basta non farli partire"

Dario Martini
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«La maggior parte dei migranti che arrivano non ha bisogno della protezione internazionale». E ancora: «Le vite si salvano solo bloccando le partenze». A pronunciare queste parole non è Matteo Salvini, che da ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha firmato con Piantedosi e Crosetto i decreti di sosta temporanea notificati alle Ong. Non è neanche Giorgia Meloni che intende promuovere una missione europea in accordo con le autorità libiche. Quelle frasi sono state scandite chiaramente da Ylva Johansson, commissaria europea agli Affari interni. Esponente di spicco del Partito socialdemocratico svedese, non è certo politicamente vicina al governo italiano. Eppure, affronta il problema in modo pragmatico.

 

Quello che arriva da Bruxelles è un primo segnale di apertura. Sintomo che qualcosa sta cambiando nell'approccio delle istituzioni europee. «La nostra principale preoccupazione deve sempre essere quella di salvare vite umane. E il modo migliore per salvarle è impedire alle persone di intraprendere questi viaggi» pericolosi lungo la rotta del Mediterraneo Centrale, spiega Johansson in conferenza stampa. «Abbiamo visto - aggiunge un numero crescente di arrivi attraverso la rotta del Mediterraneo Centrale. Abbiamo anche visto che la maggior parte delle nazionalità che arrivano lungo queste rotte, probabilmente, non hanno bisogno di protezione internazionale. Questo è importante per prevenire che le persone intraprendano questi viaggi pericolosi, a volte mortali, attraverso il Mediterraneo».

 

La commissaria fa l'esempio del Bangladesh. Come ha sottolineato l'agenzia Frontex pochi giorni fa, i migranti che partono dalla Libia per raggiungere l'Italia sono soprattutto egiziani, tunisini e, appunto, bengalesi. Questo, spiega Johansson, «è uno dei motivi per cui sono stata di recente in Bangladesh». Perché quella «è una delle principali nazionalità delle persone che ora arrivano lungo queste rotte», quindi occorre «lavorare insieme alle autorità del Bangladesh, per evitare» che affrontino questi «viaggi rischiosi».

 

Joahnsson riconosce anche quanto sia ormai necessario mettere in piedi un sistema adeguato di solidarietà e responsabilità in ambito europeo: «È per questo che abbiamo proposto un nuovo patto di migrazione e asilo. Ho presentato una road map per assicurarmi che, insieme al Parlamento», gli Stati riuniti nel Consiglio «adottino tutte le proposte durante questa legislatura». I tempi, quindi, non saranno veloci. Ci vorranno mesi per trovare una sintesi tra i vari governi. «Ovviamente siamo pronti a sostenere gli Stati membri. Ne parlerò con il nuovo ministro italiano con cui discuterò degli aiuti all'Italia». L'incontro con Piantedosi è previsto già oggi in Germania alla riunione dei ministri dell'Interno del G7.

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