crisi alimentare

Guerra Ucraina-Russia, catastrofe grano: impennata dei prezzi e carenza

Silvano Tempesta

Il ritiro «a tempo indeterminato» della Russia dall'accordo sul grano dopo l'attacco alle navi russe a Sebastopoli resta al centro della scena del conflitto ucraino. Secondo Mosca i droni che hanno partecipato all'azione sarebbero stati lanciati dalla regione di Odessa «utilizzando la zona di sicurezza del corridoio del grano». Per i russi è possibile che questo sia accaduto partendo «da una delle navi civili noleggiate da Kiev o dai suoi clienti occidentali per l'esportazione di prodotti agricoli dai porti marittimi dell'Ucraina». Sul futuro dell'accordo le parole di Mosca sono ondivaghe. Da un lato il ministero degli Esteri fa sapere che, «nei prossimi giorni» sono in programma contatti con le Nazioni Unite e l'Onu, partecipanti all'accordo di Istanbul. Dall'altro però la Russia precisa che sarà possibile parlare della possibilità di un ritorno all'accordo soltanto «dopo un'indagine approfondita su quanto accaduto a Sebastopoli» in quanto «tutte le condizioni precedentemente concordate sono state violate». Sul fronte ucraino ovviamente la pensano in maniera opposta. «Sospendendo la sua partecipazione all'accordo sul grano con il falso pretesto di esplosioni a 220 chilometri dal corridoio, la Russia blocca 2 milioni di tonnellate di grano sufficienti per sfamare oltre 7 milioni di persone», il pensiero del ministro degli Esteri di Kiev, Dmytro Kuleba, sottolineando che sono attualmente bloccate nel Mar Nero 218 navi.

 

 

L'accusa ai russi è quella di aver «pianificato con largo anticipo», l'accaduto. La decisione di Mosca di sospendere l'accordo per l'export del grano ucraino dal Mar Nero porterà a una nuova impennata dei prezzi. È la valutazione degli esperti, secondo cui il mancato rinnovo dell'accordo porterà a «conseguenze catastrofiche» in particolare per le nazioni più povere che stanno già affrontando un'acuta carenza di cibo. Andrey Sizov, direttore generale della SovEcon, società di consulenza per i cereali del Mar Nero, ha previsto un'impennata dei prezzi, aggiungendo che la mossa della Russia rappresenta il «peggiore scenario possibile». Secondo Arif Husain, economista capo del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, «decine di Paesi» saranno colpiti dalla nuova interruzione delle forniture dall'Ucraina, uno dei principali esportatori mondiali di grano e altri prodotti alimentari.

 

 

A spiegare gli effetti sull'Italia, che prima della guerra importava dall'Ucraina quasi 1,2 miliardi di chili di mais per l'alimentazione animale, grano tenero e olio di girasole, un'analisi di Coldiretti in cui si ribadisce che il blocco è preoccupante «soprattutto per la forniture di mais alle stalle italiane in una situazione in cui i costi di produzione sono cresciuti del 57% secondo il Crea mettendo in ginocchio gli allevatori nazionali». L'Ucraina con una quota di poco superiore al 13% per un totale di 785 milioni di chili risulta essere il secondo fornitore di mais dell'Italia, costretta ad importare circa la metà del proprio fabbisogno per garantire l'alimentazione degli animali nelle stalle. Da Kiev giunge invece appena il 3% dell'import nazionale di grano (122 milioni di chili) mentre sono pari a ben 260 milioni di chili gli arrivi annuali di olio di girasole, secondo l'analisi su dati Istat relativi al commercio estero 2021. Lo stop di Mosca inoltre alimenta il rischio carestia in 53 Paesi dove, secondo l'Onu, la popolazione spende almeno il 60% del proprio reddito per l'alimentazione. «Un rischio anche per la stabilità politica proprio mentre - sostiene la Coldiretti - si moltiplicano le tensioni sociali ed i flussi migratori, anche verso l'Italia».