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Alluvione nelle Marche, allarme degli esperti: "In futuro accadrà ancora"

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Domenico Alcamo
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L'acqua scorre via e lascia il dolore dei morti, dispersi, borghi devastati con voragini e danni alle strutture e alle case, automobili galleggianti come nel peggiore degli incubi. E la scienza spiega quel che è accaduto nelle Marche di nuovo ferite da un evento naturale. Una enorme massa di pioggia in poche ore, una quantità tale che normalmente cade in circa sei mesi.

Ma, stando agli esperti, potrebbe accadere di nuovo. Paola Pino d'Astore, consigliera nazionale della Società italiana di Geologia Ambientale, in un colloquio con LaPresse osserva: «È stato un fenomeno atmosferico particolarmente violento al quale non si poteva essere preparati, un evento del genere non se lo aspettava nessuno. È un assaggio del futuro che purtroppo sarà, che non è possibile cambiare». Ma cos' è successo di preciso? La parola chiave è «autorigenerante».

Spiegato in linguaggio comune, una nuvola che non si dissipa, ma rimane dove sta e continua a buttar giù pioggia. È quanto spiegato da Edoardo Ferrara, meteorologo di 3bmeteo.com. In gergo tecnico, argomenta, si chiama temporale V Shaped. «Il nome deriva dalla forma a "V" del temporale visibile dal satellite, autorigenerante significa che continuava ad autoalimentarsi stazionando in loco per diverse ore, anziché evolvere e spostarsi di zona come fanno la maggior parte dei temporali comuni». E aggiunge: «È stato determinante il cosiddetto Atmosferic River, ossia una sorta di "fiume atmosferico" che ha trasportato aria calda, ma soprattutto ricca di umidità, dalle latitudini subtropicali direttamente sull'Italia». In particolare, poi, c'è stato anche un elemento agevolante rappresentato dalle montagne. Nello specifico, «la particolare orografia del territorio - prosegue lo studioso - con il Monte Catria che ha agito come sorta di barriera esaltando il blocco e le precipitazioni del temporale autorigenerante. Inevitabile, dunque, l'evento alluvionale».

Ma c'è stato anche un altro elemento che ha favorito l'esplosione di questo evento, ed è stato il grande e perdurante caldo estivo. A spiegare come funziona il meccanismo è Bernardo Gozzini, direttore del Consorzio Lanna, che riunisce Regione Toscana e Cnr. Quest' estate, osserva, abbiamo avuto una temperatura del mare «4-5 gradi superiore alla media». Ciò ha causato «un accumulo di energia che ora il sistema dovrà scaricare per tornare in equilibrio. Di conseguenza, l'autunno potrebbe essere particolarmente complesso».

Aggiunge un particolare, poi, Guido Betti, Meteorologo, che parla all'Adnkronos: «L'atmosfera, scaldandosi, si arricchisce sempre più di umidità e questo significa che in determinate condizioni questa umidità in eccesso viene scaricata. È molto probabile che, in futuro, avremo meno giorni di precipitazioni all'anno ma quantitativi di pioggia finali simili perché distribuita in modo molto concentrato».

Dunque, di fronte ad una prospettiva del genere valore portante è quello della prevenzione. A tal proposito, si pronuncia Piero Farabollini, presidente dell'ordine dei geologici delle Marche. «Gli allagamenti e le esondazioni che si sono verificati - spiega - si sarebbero potuti mitigare con un adeguato lavoro». E pone l'accento su un esempio concreto: «In particolare a Senigallia, dove il fiume Misa ha esondato ancora una volta dopo il 2015 (quando le vittime furono tre) non si può parlare di sfortuna. L'innalzamento degli argini a monte del centro abitato, così come il dragaggio del fiume a valle, le vasche di laminazione e di espansione sono interventi assolutamente necessari per mettere in sicurezza il territorio. Sono passati quasi otto anni da allora e tutto questo non è stato realizzato».

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