abbandonati
Covid, i familiari dei medici morti insorgono contro Roberto Speranza: “Ci ha dimenticati”
Sono stati chiamati gli eroi della pandemia ma oggi ai familiari dei medici morti mentre salvano delle vite non è stato riconosciuto dallo Stato un indennizzo economico. "Sono 375 i medici morti per Covid durante la pandemia, di questi la metà sono medici di famiglia e pediatri di libera scelta le cui famiglie ad oggi ancora non hanno ricevuto nessun ristoro. Eppure il ministro della Salute Roberto Speranza si era impegnato per un fondo da 15 milioni di euro rassicurando, anche durante un Question time a luglio, che era ferma intenzione del Governo procedere in tempi rapidi. Purtroppo non è stato così e le mogli, i mariti e i figli di quegli eroi sono stati dimenticati". La denuncia all'Adnkronos Salute è di Gennaro Avano, presidente dell'associazione 'Medici a mani nude', che raccoglie una quarantina di famiglie di medici di medicina generale e pediatri di libera scelta deceduti dopo aver contratto il Covid.
Leggi anche: Caso Giorgia Meloni, Roy de Vita smaschera il ministro Speranza. Lui lo blocca sui social
"Al momento gli unici fondi che sono stati erogati sono quelli dell'Enpam, ma solo per chi ancora non aveva maturato la pensione, e la Fondazione Diego Della Valle che aveva avviato una raccolta fondi - ricorda Avano -. Ora il tempo della legislatura sta scadendo e non abbiamo neanche i decreti attuativi della legge 34 del 27 aprile 2022 che prevedeva anche un incremento del fondo, non sono stati emanati". Secondo l'associaizone, i tempi per dare il via libera definitivo al fondo con i decreti potrebbero esserci alla ripresa dei lavori del Parlamento e con la possibilità di un intervento nel Dl Aiuti bis. Ma il tempo stringe.
Se così non dovesse essere, "rivolgo un appello a chi guiderà il prossimo Governo: non ci abbandonate", rimarca Avano. "Per noi resta importante aprire anche una strada per i figli dei medici morti mentre svolgevano il loro lavoro, ad esempio pensando a posti riservati per questi ragazzi nelle graduatorie dei concorsi pubblici. Sarebbe un piccolo segnale che - chiosa Avano - lo Stato non ci ha abbandonato”.