la crisi del gas
Gas, razionamenti in arrivo. Tabarelli (Nomisma) fa i conti: "I guai da novembre a gennaio"
Telefoniamo a Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, pochi minuti dopo l'ultima uscita di Dmitri Peskov, portavoce del Cremlino, che anticipa problemi alla ripresa della fornitura di gas attraverso Nord Stream 1 per via del funzionamento di una sola turbina. Il D-Day è fissato per oggi. «Cercano di fare pressioni, e magari questo è un modo per tentare di difendersi da eventuali arbitraggi futuri. C'è un lato positivo, in questo segnale».
Ossia?
«In prospettiva, questa cosa fa male anche a loro, perché siamo tutti europei e siamo i loro principali "clienti". Loro non pensavano di arrivare a questo punto, ma pensavano di chiudere velocemente in Ucraina. Tutto ciò non sta accadendo e può avere, per la Russia, dei contraccolpi interni».
Ora però questo crea degli enormi problemi al nostro tessuto produttivo, alle famiglie. Cosa dovremo fare se la fornitura non dovesse riprendere?
«Occorre ovviamente tagliare i consumi, per tenere le scorte al più alto livello possibile, in vista dell'inverno. Il problema vero non sarà a ottobre, ma tra novembre e gennaio. Lì, se non dovessero esserci le forniture russe, sarebbero dolori. Dunque è necessario sensibilizzare i cittadini a consumare meno, bisogna chiedere ai tedeschi di tenere aperte le centrali nucleari. Poi dobbiamo andare a carbone anche noi, quel poco che abbiamo, allentare le normative per l'utilizzo della legna, e fare quel che ha detto il ministro Cingolani, ossia abbassare i gradi dei riscaldamenti. E preparare a fare un po' più i conti con il freddo, ma non troppo. Nel nostro Paese, 70-80 anni fa i riscaldamenti non c'erano. Ora certamente li avremo ancora, ma un po' di meno. Il razionamento, purtroppo, è un passaggio preventivato già all'inizio della guerra».
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C'è l'ipotesi che alcune produzioni possano fermarsi?
«Alcune sono già in calo vistoso, o addirittura non sono ripartite. Non riescono a pagare le bollette e hanno fermato le attività per fare manutenzioni straordinarie mettendo qualcuno in cassa integrazione. Sono quelle dei comparti "energy intensive", come la ceramica, dove l'incidenza della spesa per le bollette sul loro fatturato è molto alta. Bisogna capire come aiutare questi settori, magari dilazionando di molto il pagamento. In generale, si può pensare a ristorare le imprese che aiuteranno a far scenderei consumi, perché ciò sarà a beneficio di tutti».
Tetto al prezzo del gas, in Europa pare esserci uno spiraglio. Più svantaggi o più benefici?
«Sicuramente più benefici, per quanto siano meno rispetto al passato. Andava fatto prima, quando il prezzo del gas era a 80 euro megawattora. Ora i buoi sono scappati dalla stalla, però in ogni caso può essere un aiuto. Ora dobbiamo convincere gli altri fornitori dell'Europa, come gli Stati Uniti, il Qatar, la Norvegia, l'Algeria, la Libia che dovranno accettare un prezzo più basso. Sarebbe stato più facile quando si era sugli 80 euro. Ma si può utilizzare, specie con gli Stati Uniti, il valido argomento che nel cuore dell'Europa c'è una guerra».
Serve quindi un'importante azione politica.
«Certo. Noi in Europa stiamo soffrendo, siamo in recessione, ci sono dei licenziamenti».