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Turismo e artigianato strozzati dal caro-bollette. Licenziamenti e chiusure: è la grande paura

Damiana Verucci
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Dopo la ristorazione anche il turismo e l'artigianato romano fanno risuonare alto il grido d'allarme sul caro bollette. E non si fa fatica a comprendere le ragioni. Se per un ristorante la spesa dell'energia per il mese di luglio quest'anno arriva anche a 7 mila euro, vuol dire tre volte tanto lo stesso periodo dello scorso anno, per chi è titolare di un albergo la stessa bolletta può essere anche di quattro o cinque volte più «salata». Pensiamo alle dimensioni di un albergo, al numero delle camere, alle luci che sono accese per la maggior parte della giornata e negli ambienti comuni, anche della notte. Quanto all'artigianato romano, fa sapere Confartigianato Roma, i costi dell'energia, senza contare gli aumenti delle materie prime, sono in media più che triplicati. Questo metterebbe a rischio la sopravvivenza di oltre mille attività imprenditoriali, solo considerando quelle legate alla produzione e alla ristorazione.

 

 

Si dice preoccupatissima, Assoturismo Roma e Lazio, per il rincaro dell'energia. Dopo due anni di Covid e un settore che, nonostante tutto, aveva ripreso a marciare con incrementi a due cifre per questa estate ormai agli sgoccioli, la mannaia delle bollette si sta abbattendo in modo inesorabile su migliaia di imprenditori del comparto. «Molti operatori non ce la faranno - sentenzia il coordinatore dell'Associazione di categoria, Daniele Brocchi - e questo si ripercuoterà su tutta la filiera con licenziamenti e chiusure». Quello che non è riuscito a fare la pandemia, dunque, rischia di riuscire a realizzarlo il caro energia e le possibili speculazioni che ne deriverebbero. «Servono aiuti subito - continua Brocchi - il rischio è un drastico taglio dei consumi da parte delle famiglie». Fa invece un'analisi dettagliata dei rincari per le imprese artigiane Andrea Rotondo, Presidente Confartigianato Roma. «L'esplosione dei costi energetici e delle materie prime non è un problema delle ultime settimane ma dura ormai da diversi mesi.

 

 

Attualmente a Roma l'inflazione si colloca a +5,9% rispetto allo 0,3% di un anno fa, con un differenziale di +5,6%: abitazione, acqua, elettricità, gas e altri combustibili raggiungono il record degli aumenti che passano da -0,5% a +26,5% con un differenziale di +27%». Nella Capitale, solo considerando le micro e piccole imprese, i settori manifatturieri energy intensive coinvolgono 969 imprese con 4.618 addetti. La carenza di materie prime impatta direttamente su 34.173 imprese con 87.609 addetti. Oltre diecimila e quattrocento sono le aziende colpite, invece, dal caro carburanti per 37.274 addetti. Analizzando la realtà dell'artigianato romano, che supera le 66.300 imprese, l'aumento del costo delle merci, condiziona prioritariamente diversi settori tra cui il manifatturiero, già in forte crisi (legno, ferro, pelli, materie plastiche, stampa, tessile...), l'edilizia, l'autoriparazione, i trasporti, parte dei servizi, soprattutto quelli alla persona, e naturalmente la ristorazione artigiana. La soluzione? «Certo non quella di aumentare i prezzi - risponde Rotondo - tantomeno di fermare la produzione. Il Comune potrebbe intervenire con un'azione di sistema, magari sulla tassazione locale, ma purtroppo il problema, per essere affrontato seriamente, necessita di un'azione sovranazionale».

 

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