Terrorismo, fermati due presunti jihadisti: progettavano un attentato in Italia
La peggiore pandemia dai tempi della Spagnola. Una crisi energetica che rischia di farci tornare al carbone. E un'impennata clamorosa dei pezzi. Non bastava tutto ciò nella vita dei poveri Italiani. Serviva, evidentemente, anche il rischio di un attentato suicida. Una possibilità tutt'altro che remota, almeno a giudicare dalle indagini portate a termine dai carabinieri del Ros, con il supporto del comando provinciale Trento, del gruppo di intervento speciale (Gis) e del raggruppamento investigazioni scientifiche.
I militari hanno fermato due giovani incensurati, un uomo e una donna, indagati per associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, arruolamento e addestramento con finalità di terrorismo anche internazionale. Il gip del Tribunale di Rovereto (piccolo centro in provincia di Trento), ha disposto gli arresti domiciliari, con obbligo di braccialetto elettronico solo nei confronti dell'uomo.
Il sospetto più grave è che lui, 22 anni e perito chimico, stesse preparando un attentato in Trentino, prima di partire come combattente in Nigeria per lo Stato islamico. Il presunto terrorista, di origini kosovare, è stato fermato a Rovereto da
Secondo la tesi accusatoria i giovani, nati in Italia da famiglie di origini kosovare, inseriti nel contesto sociale, di lavoro e di studio, avrebbero intrapreso da tempo un percorso di radicalizzazione reso possibile ed efficace dalla propaganda jihadista sul web. Dalle indagini del Ros è emerso che gli indagati si sarebbero addestrati per compiere atti violenti e avrebbero progettato di compiere in Italia un attentato con ordigni esplosivi, in nome dell’organizzazione terroristica “Stato Islamico”.
I carabinieri del Ros e del comando provinciale di Trento dall’inizio di febbraio avevano documentato il furto di sostanze chimiche, come perossido di acetone, per la produzione di materiale esplodente molto pericoloso - di una potenza equivalente a 400 grammi di tritolo - utilizzato a Manchester nel 2017 e in altri attentati islamisti in Europa.
Secondo i piani criminosi, dopo aver commesso l’attentato, i due si sarebbero dovuti recare in Africa per unirsi alla stessa organizzazione terroristica. Sono state eseguite inoltre alcune perquisizioni che hanno consentito di sequestrare materiale informatico e prodotti chimici, precursori per la fabbricazione di ordigni esplosivi. I file video e audio sono stati consegnati al raggruppamento investigazioni scientifiche per gli accertamenti tecnici.