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A Piombino scoppia la rivolta contro il rigassificatore. Torna l'Italia del no

Pietro De Leo
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Tempi liquidi, questi, dove la straordinarietà dei fatti e delle dinamiche sottopone i partiti a stress culturale, prese di posizione spesso inedite e ribaltamenti della storia. A volte basta un singolo caso per costruire nero su bianco veri e propri casi di scuola. Ad esempio, il caso Piombino. A largo della città portuale toscana, infatti, il governo ha in programma di piazzare un rigassificatore galleggiante che dovrebbe lavorare una quota di gas liquido acquistato all'estero nell'obiettivo di svincolarci dalla Russia (anche se negli ultimi giorni il racconto è un po' cambiato, visto che Mosca ci sta tagliando le forniture). E da lì si è innescato un certo bailamme politico, con una manifestazione locale, contraria all'arrivo del rigassificatore, che si è svolta sabato.

 

 

Sul fronte del No, per esempio, è schierato il sindaco Francesco Ferrari, aderente a Fratelli d'Italia, un partito che, però, nel suo messaggio politico ha proprio la respinta di quell'ambientalismo del no a tutto che ha contribuito, in questi anni, a renderci dipendenti sul piano energetico. Ferrari dibatte da settimane con Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana e per il caso specifico commissario per il rigassificatore. Piccola nemesi anche per lui, visto che nel 2015 aderì alla mozione regionale dell'allora governatore Enrico Rossi, figura che ha sempre orgogliosamente rappresentato quella quota di Pd molto orientata a sinistra, dunque anche all'ambientalismo. Sfumature, forse. Ma una conversione in corsa riguarda invece il Movimento 5 Stelle. L'altro ieri, infatti, nel dibattito attorno alle proteste si notava un comunicato stampa del deputato Francesco Berti. «La nostra sicurezza energetica nazionale passa da Piombino - esordiva - Se vogliamo davvero rompere le catene che ci legano alle forniture di gas russo abbiamo bisogno del rigassificatore» sulle acque della città toscana «e non ci sono alternative». E poi aggiungeva: «una cosa è sicura: renderci indipendenti dalle forniture russe è una priorità».

 

 

E meno male che anche i pentastellati, no-triv, no-tap, sempre presenti in ogni comitato per il no su qualsiasi fonte energetica si sono convertiti sulla via di Damasco prima della definitiva condanna di tutti noi all'utilizzo delle candele. Poi c'è il caso Lega. Dove addirittura ci sono due sottosegretari sui due opposti lati della contesa. Gian Marco Centinaio, in forza alle Politiche agricole, è preoccupato che la struttura galleggiante non sia di ultima generazione, e dunque finisca per scaricare cloro in mare e danneggiare il comparto ittico locale. La collega Vannia Gava, leghista anche lei e sottosegretaria allo Sviluppo economico, prova a rassicurare: «La nave 2015 che sarà presto operativa del Porto di Piombino ospita un rigassificatore di ultima generazione, sicuro e a bassissimo impatto come si evince anche da studi scientifici fatti a priori». Da ultimo, il ministro della transizione ecologica Cingolani, che a Il Tirreno la butta giù chiara: «Senza questa soluzione» l'effetto sarebbe «staccare la luce e chiudere le fabbriche d'Italia». Abbandonati, d'un colpo, i toni tranquillizzanti sulle forniture che il ministro utilizza di solito.

 

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