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La benzina torna a sfiorare i due euro al litro: tutti i motivi dell'impennata dei prezzi

Luca De Lellis
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Nonostante il decreto in vigore dal 1º aprile 2022 abbia previsto il taglio delle accise, il prezzo di benzina e diesel è tornato progressivamente a salire senza soluzione di continuità, tanto che ora ci ritroviamo quasi al punto di partenza. Il pacchetto di provvedimenti da 4,4 miliardi di euro è servito solo ad attenuare la tempesta di qualche mese fa, nella quale il prezzo del carburante aveva di gran lunga scollinato l’insolita cifra di 2 euro al litro. Ora però, secondo i dati riportati da Quotidiano Energia, aggiornati alle 8 del 31 maggio, l’importo medio nazionale fissato della benzina in modalità self-service è salito a 1,914 euro/litro, mentre per il servito è incrementato fino a 2,049 euro/litro. Stessa situazione per il diesel: il self si porta a 1,831 euro/litro mentre il servito sale a 1,973 euro/litro.

 

 

L’incremento esponenziale dei prezzi del carburante non è un problema esclusivamente italiano, perché può essere riscontrato anche in ambito internazionale. L’aumento del costo del petrolio è un primo fattore scatenante: sia il Brent (petrolio standard europeo estratto nel Mare del Nord, sia il greggio americano West Texas Intermediate) sono al loro massimo storico dal 9 marzo ad oggi. L’invasione dell’Ucraina e le conseguenti sanzioni europee rappresentano un’altra motivazione. L’Unione Europea ha infatti approvato l’embargo del petrolio russo nel tentativo di danneggiare l’economia di Mosca e interrompere il sistema di finanziamenti diretti delle nazioni occidentali per l’azione militare dell’esercito di Vladimir Putin. La Russia è tra i giganti mondiali nella produzione petrolifera e tra i principali fornitori europei, e questo ha scombussolato non poco l’intero mercato del petrolio. La terza e ultima ragione è individuabile nel fatto che i paesi Opec+ si sono rifiutati di incrementare la loro produzione di greggio per più di 432mila barili al giorno, rispedendo al mittente le richieste di una produzione ancor più importante al fine di abbassare i prezzi in costante aumento. Di questi paesi, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Reuters, solo Emirati e Arabia Saudita avrebbero una disponibilità enorme, pari al 3% della domanda mondiale.

 

 

Il presidente dell’Unione nazionale consumatori, Massimiliano Dona, sulle note di un comunicato ha scritto che per proteggere le tasche dei cittadini da questi dolorosi rincari è necessario un’azione del governo volta al prolungamento del “taglio delle accise anche oltre l’8 luglio”, data originaria di scadenza delle misure del suddetto decreto. Non solo, perché l’esecutivo dovrebbe occuparsi anche “di bloccare le speculazioni” e “di fornire una definizione di prezzo anomalo” del carburante. Solo in tale circostanza l’Antitrust sarebbe in grado di stroncare le iniziative degli operatori energetici che incidono negativamente sull’economia dei consumatori.

 

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