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Boris Pahor morto a Trieste: lo scrittore sopravvissuto ai lager aveva 108 anni

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Lo scrittore di madrelingua slovena Boris Pahor, testimone delle discriminazioni verso la minoranza slovena nella Venezia Giulia, sopravvissuto ai lager nazisti, difensore della dignità e della libertà dell’individuo, degli umiliati e degli offesi, è morto nella sua casa di Trieste all’età di 108 anni. 

Pahor, che per la drammaticità della sua opera è stato accostato ad autori come Primo Levi, Robert Antelme e Imre Kertész e più volte candidato al Nobel per la Letteratura, si è spento nel sonno alle 4 di questa mattina, come ha confermato la sua famiglia all’Adnkronos. Nato a Trieste il 26 agosto 1913 da genitori sloveni, all’età di 7 anni assistette all’incendio del Narodni Dom, sede centrale delle organizzazioni della comunità slovena di Trieste: un’esperienza che lo segnò per tutta la vita, che affiora spesso nei suoi romanzi e racconti.

 

Dopo aver frequentato il liceo classico presso il seminario di Capodistria, nel dopoguerra si laureò in Lettere all’Università e quindi, si dedicò all’insegnamento della letteratura italiana. Arruolato e mandato al fronte in Libia, tornò a Trieste dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, ma venne arrestato dai nazisti e quindi internato in vari campi di concentramento in Germania e in Francia. Sopravvissuto alla tragica esperienza dei lager, al termine del conflitto a Trieste aderì a numerose imprese culturali social-democratiche e divenne uno dei più importanti punti di riferimento per la giovane generazione di letterati sloveni. La sua opera più nota è «Necropoli» (Fazi), romanzo autobiografico sulla prigionia a Natzweiler-Struthof. È stato tradotto in francese, tedesco, serbo-croato, ungherese, inglese, spagnolo, italiano, catalano e finlandese. La vita dello scrittore è strettamente legata agli eventi storici della sua terra d’origine, dall’epoca della dominazione dell’impero asburgico al fascismo, e all’esperienza della comunità slovena, tra i due conflitti bellici e nel secondo dopoguerra, che ha messo al centro dei suoi libri, una trentina tra narrativa e saggistica.

Tra i suoi libri figurano «La città nel golfo» (Bompiani), «Triangoli rossi. I campi di concentramento dimenticati» (Bompiani), «Così ho vissuto. Biografia di un secolo» (Bompiani), «Figlio di nessuno. Autobiografia senza frontiere» (Rizzoli), «Dentro il labirinto» (Fazi), «Qui è proibito parlare» (Fazi), «Una primavera difficile» (La nave di Teseo), «Tre volte no. Memorie di un uomo libero» (Rizzoli).

 

Le sue opere sono tradotte in francese, tedesco, serbo-croato, ungherese, inglese, spagnolo, catalano e finlandese. 
Pahor ha vinto numerosi riconoscimenti: il Premio Internazionale Viareggio-Versilia (2008); il Premio Preseren, maggiore onorificenza slovena nel campo culturale (1992); il Premio San Giusto d’Oro (2003); il Premio Napoli (2008) per «Necropoli»; il Premio Letterario Internazionale Alessandro Manzoni - Città di Lecco per l’autobiografia «Figlio di nessuno» (2012). Nel 2007 è stato insignito con la onorificenza francese della Legion d’onore e nel 2008 gli è stato conferito il Premio Resistenza per il libro «Necropoli» ed è stato eletto «Libro dell’Anno» da una giuria di oltre tremila ascoltatori del programma di Radio3 Rai, dedicato ai libri, Fahreneit.

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