il conflitto lo paghiamo noi
La guerra in Ucraina presenta il conto agli italiani. Una tassa da 929 euro
Cara guerra, quanto ci costi. Gli effetti del conflitto in Ucraina produrranno per l’anno in corso una riduzione del Pil di 24 miliardi di euro reali che corrisponde a una perdita di potere d’acquisto medio per ciascuna famiglia italiana pari a 929 euro. È una ricerca che è stata condotta dall’Ufficio studi della Cgia. Dal confronto tra le ultime previsioni di crescita del Pil realizzate prima dell’avvio del conflitto (gennaio di quest’anno) con le successive realizzate dopo l’invasione russa (aprile scorso), riporta la Cgia, emerge che la diminuzione della ricchezza prodotta nel nostro Paese sarà dell’1,4 per cento. In termini assoluti il deterioramento della situazione economica generale si traduce in una perdita di potere d’acquisto medio per ciascun nucleo di 929 euro. A livello territoriale le famiglie più penalizzate saranno quelle residenti in Trentino Alto Adige (-1.685 euro), nella Valle d’Aosta (-1.473 euro) e nel Lazio (-1.279 euro).
L’inflazione quest’anno è prevista attorno al 6 per cento e, come sostengono gli esperti, è una tassa e della peggiore specie. Non si versa come gli altri tributi, ma la si «paga» subendo la riduzione del potere d’acquisto che colpisce, in particolar modo, chi ha un reddito fisso. Se quella presente quest’anno è alimentata dall’aumento dei prezzi dei beni energetici che importiamo dall’estero, questo tipo di inflazione è ancor più allarmante perché colpisce le famiglie meno abbienti. Secondo l’Istat, infatti, con un caro vita in crescita del 6 per cento, questo si traduce in un incremento effettivo dell’8,3 per cento per le famiglie più povere e del 4,9 per cento per quelle benestanti. La ragione di questa assimetria, sottolinea la Cgia, è riconducibile al fatto che nel carrello della spesa dei meno abbienti, i beni e i servizi ove i prezzi sono aumentati, come gli alimentari, pesano in proporzione maggiore delle altre tipologie di consumatori. Il Governo, secondo la Cgia, dovrebbe intervenire subito, tagliando in misura importante il cuneo fiscale: «Solo con una misura salva-salari, infatti, potremmo evitare il crollo dei consumi delle famiglie e, conseguentemente, anche i ricavi degli artigiani e dei piccoli commercianti».
Il quadro economico generale si presenta a tinte molto fosche, sottolinea la Cgia; il pericolo che il Paese stia scivolando lentamente verso la stagflazione è molto elevato. È un termine, quest’ultimo, ai più sconosciuto, anche perché si manifesta raramente, ovvero quando a una bassa crescita del Pil, che nei casi più drammatici diventa addirittura negativa, si affianca un’inflazione molto alta che fa impennare il tasso di disoccupazione, così come è successo nella seconda metà degli anni ’70 del secolo scorso. Probabilmente questo fenomeno non lo vivremo nel 2022, anche se il trend sembra essere segnato: le difficoltà legate alla post-pandemia, agli effetti della guerra, alle sanzioni economiche inflitte alla Russia, all’aumento sia dei prezzi delle materie prime, in particolar modo di quelle agroalimentari, e sia dei prodotti energetici, rischiano, nel medio periodo, di spingere anche la nostra economia verso una crescita pari a zero, con una inflazione che si avvierebbe a sfiorare le due cifre. Uno scenario che potrebbe addirittura rendere pressoché inefficaci i 235 miliardi di euro di investimenti previsti nei prossimi anni dal Pnrr, conclude la Cgia.