Finlandia e Svezia nella Nato un problema per l'Italia. Paolo Magri (Ispi): terrorismo e immigrazione, a cosa andiamo incontro
L'ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato ha fatto esultare coloro che pensano che l'allargamento del patto atlantico avrà solo effetti positivi, a partire della nuova pressione alla Russia di Vladimir Putin e una "deterrenza" ulteriore sul fronte della guerra in Ucraina. Ma è davvero così Secondo Paolo Magri, direttore dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI), vanno analizzati diversi fattori ma gli svantaggi, per l'Italia, sono evidenti.
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Nel corso della puntata di martedì 17 maggio di Tagadà, il programma di La7, il docente di relazioni internazionali presenta una serie di domande e risposte: "Fanno bene svedesi e finlandesi a entrare della Nato dopo quanto successo? Sì. Fa bene l'ingresso" di Helsinki e Stoccolma "al raggiungimento della Pace in Ucraina? Nì. Fa bene all'autonomia futura dell'Europa? No", riassume Magri. Insomma, gli effetti sula fine della guerra sono tutti da vedere, ma è sicuro che l'ombrello della Nato sempre più "europea" peserà sull'Unione. E il nostro Paese? "Fa bene" l'ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato "agli interessi nazionali dell'Italia? No", sintetizza l'esperto, che argomenta la sua affermazione.
Negli ultimi anni "noi siamo stati fautori insieme ad altri paesi del Mediterraneo di una Nato che guardasse non solo a est, ma soprattutto a sud perché Libia e nord Africa" rappresentano un baricentro di problemi come "terrorismo e immigrazione". Lo spostamento a nord degli equilibri, con l'ingresso della componente scandinava e baltica insieme alla Polonia, con "il dente avvelenato neo confronti della Russa, indebolisce il nostro sforzo di convincere la Nato a guardare ai problemi più vicini noi", ovviamente preesistenti alla guerra in Ucraina. "Ma i problemi legati alla Libia, Siria, e Nord Africa si ripresenteranno alla fine della guerra e oggi li stiamo dimenticando", afferma Magri.
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