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"Impossibile trovare altro gas". la profezia di Davide Tabarelli

Pietro De Leo
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«I tempi sono troppo lunghi rispetto all’emergenza». È l’amara costatazione che Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, condivide con Il Tempo riguardo al percorso intrapreso dal governo per compensare l’eventuale stop di forniture di gas dalla Russia con altri approvvigionamenti. Tema fondamentale, ragiona Tabarelli, è quello dei rigassificatori. «Per l’ultimo che abbiamo fatto, quello dell’Adriatic LNG (a Rovigo ndr.) ci abbiamo messo più di 10 anni. Quello di Porto Empedocle è un progetto che sta lì da 18 anni. Negli Usa, dove è il posto in cui si fa più in fretta per fare le infrastrutture, ci vogliono 2-3 anni rispetto a quando sono state avviate». 
Ora l’Italia ha stretto accordi con altri Paesi per tentare di sostituire il gas russo. Non basta?
«I volumi saranno sempre più bassi rispetto a quanto acquistiamo dalla Russia. Poi possiamo mettere un po’ di tutto: carbone, rinnovabili, biometano, legna. Ma in caso di embargo duro dovremmo comunque fare del razionamento».
Considerando gli approvvigionamenti negli altri Paesi e le altre fonti che lei ha citato, quanti miliardi di metri cubi mancano?
«Se arriviamo a un totale di 15 miliardi sostituiti, e sarebbe già un buon risultato, ne mancano sempre altri 14-15. Ma vede, sa che le dico? È colpa mia e di quelli che fanno il mio mestiere».

 

 

 


Cosa intende?
«Evidentemente non siamo riusciti a spiegare bene la gravità della situazione. I prezzi del gas sono esplosi lo scorso settembre. Quindi sono otto mesi che c’è necessità di riaprire le centrali a carbone e non ci siamo ancora riusciti. Per dirne un’altra, anche dai rifiuti si potrebbe ricavare energia, ma come vede il governo si è spaccato sul termovalorizzatore a Roma, che proprio non si riesce a realizzare».
Scardinare 20 anni di ideologia ecologista è dura.
«Sì, ma dove io e molti altri non siamo riusciti a spiegare bene le cose l’ideologia ecologista si è infilata. Ricordo Grillo, nel 2007, al primo Vaffaday, scagliarsi contro il carbone. Oggi, ad avercene di centrali a carbone!».
Lei ha calcolato 14-15 miliardi mancanti. Non si potrebbe acquistare ulteriore gas liquido?
«Non ce n’è molto in giro. Guardavo i dati dagli Usa. Hanno quadruplicato le forniture di gas liquefatto in Europa, sono passati da 3 a 12 miliardi. Ma vanno in Francia, Belgio, Olanda, dove c’è capacità di rigassificazione. Noi non ce l’abbiamo».
Per quanto riguarda l’Europa, all’inizio si prefiguravano alcune iniziative. Ue acquirente unico, tetto al prezzo del gas. C’è un ritardo a livello comunitario?
«Sì, c’è un ritardo forte, è evidente. Ma è facile sparare sulla Croce Rossa. Dobbiamo piuttosto risalire alle origini della situazione attuale. Noi paghiamo uno spostamento troppo accentuato verso l’ambiente, innescato negli ultimi anni. Abbiamo chiuso le centrali nucleari in Germania, abbiamo messo in campo queste rinnovabili che hanno comunque bisogno di una riserva di gas, in Italia ci hanno detto che le centrali a carbone non ci servono più e che non dovevamo utilizzare le trivelle. Oggi ci troviamo con un cataclisma di proporzioni inimmaginabili».
A livello europeo il primo step dovrebbe essere l’embargo del petrolio. Ma Ungheria e Slovacchia si sono messe di traverso.
«È un tema complicato, e bisogna contemperare tutti gli interessi in campo. Sanzioni fatte così, subito, probabilmente fanno troppo male a noi».

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