Siena, ex studentessa denuncia il professore: "Molestata per anni". Scandalo nel liceo
Un caso di presunte molestie sessuali nei confronti di una ragazza da parte di un insegnante del Liceo artistico Duccio di Buoninsegna di Siena è stato reso noto questa mattina nel corso di una conferenza stampa dell’associazione "Donna Chiama Donna". Una denuncia precisa che fa però emergere come il docente avrebbe molestato nel tempo anche altre studentesse con pesanti commenti. La ragazza che ha deciso di denunciare oggi ha concluso il suo corso di studi ma ha voluto comunque fare questo passo, sostenuta dai suoi compagni, e rendere esplicito il suo malessere. Il caso parte dal 2020 quando in un video pubblicato da un gruppo di studentesse della scuola si sottolineava come gli atteggiamenti del professore provocassero loro dolore e disagio.
La denuncia non ha avuto seguito ma le ragazze sono andate avanti, fino a quando, a fine 2021, una di loro si è rivolta all’associazione "Donna Chiama Donna", che il 27 gennaio scorso tramite il legale Claudia Bini ha inviato una pec alla dirigente scolastica, alla direzione regionale e a quella provinciale della pubblica istruzione nella quale si spiegava che «il professore aveva comportamenti sessualmente e molesti e inadeguati con le studentesse», si sottolineava come ci fosse «una diretta responsabilità della scuola sulla mancata protezione degli allievi» e si chiedevano «immediate misure necessarie» per la loro protezione. Contemporaneamente si sono mossi anche studenti e studentesse. In 49 hanno scritto al dirigente scolastico chiedendo provvedimenti.
La stessa dirigente, sollecitata da "Donna chiama Donna", dopo una serie di controlli ha infine inviato la segnalazione dello scorso gennaio alla procura della Repubblica di Siena per le indagini di competenza sul professore ancora in servizio. «La Procura farà quello che deve - commenta l’avvocata Bini -, però al di là di una eventuale condanna del professore a noi interessa che le scuole si facciano carico del problema e proteggano le ragazze. In ogni caso una ragazza che subisce cose del genere deve parlarne e non vergognarsi. Piuttosto si vergognino gli adulti che molestano».
«Come sei intelligente, come sei bella»; «che belle gambe»; «perché in questa foto hai le scarpe? Se le indossi, allora non ti amo più»; «come sei bella abbronzata»; «come stai bene in bikini»; «tesoro mio, non vedo l’ora di vederti»; «all’esame non ti staccherò gli occhi di dosso»; «sono curioso di scoprire che scarpe o vestito ti metti». Questo il tenore dei messaggi che il professore del Liceo artistico Duccio di Buoninsegna di Siena inviava alle studentesse, secondo quanto riferisce all’Adnkronos l’avvocato Claudia Bini. «Messaggi indirizzati a decine di ragazze - se non tutte, quasi - come se fosse la normalità. Inizialmente potevano anche far pensare di essere la "cocca" del professore, di essere apprezzata, poi man mano sono diventati sempre più espliciti, sempre più direttamente sessuali - spiega l’avvocato Bini - Hanno provocato un forte disagio, tanto che quando si alzavano per andare a scuola, le ragazze erano preoccupate al pensiero di quale reazione potesse avere l’insegnante sul vestito indossato. A fine percorso, una volta uscite da scuola, questi messaggi sono rimasti dentro generando disturbi del sonno, della concentrazione, disturbi di ansia e insicurezze».
«La Procura ha chiamato la ragazza che ha già reso dichiarazioni. Ma al di là del percorso giudiziario a noi interessa porre l’attenzione sul problema delle molestie e far sì che non si ripetano. Non vogliamo arrivare a fare mille processi ma semplicemente che le scuole siano un luogo sicuro per ragazze e ragazzi», dice Bini specificando che la dirigente del liceo per ora non ha parlato con lei. «Che io sappia, non credo che abbia parlato nemmeno con le ragazze ma soprattutto vorrei sapere se la preside ha parlato con il professore (ancora in servizio, ndr): a fronte di un comportamento molesto intervenendo subito si ha la possibilità di bloccarlo senza che degeneri. Mi rammarica che non sia accaduto».