allarme adenovirus
Il nuovo incubo mondiale è l'epatite dei bambini. Gli esperti: "Colpa del lockdown"
La pandemia potrebbe essere la causa, indiretta, della misteriosa ondata di casi di epatite che ha colpito oltre un centinaio di bambini nel Regno Unito e altri in Europa. Gli esperti che stanno studiando questo fenomeno ipotizzano che i ripetuti lockdown potrebbero aver avuto un ruolo.
Da gennaio ad oggi nel Regno Unito si contano 108 bambini sotto i 10 anni d’età colpiti da epatite, una malattia infiammatoria del fegato. Di questi otto hanno avuto bisogno di un trapianto di fegato. Sono stati segnalati casi anche negli Stati Uniti, in Irlanda, in Danimarca, nei Paesi Bassi e in Spagna, ma gli scienziati non sono ancora sicuri di cosa ci sia dietro questi casi.
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L’Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito (UKHSA) ritiene che gli adenovirus, una famiglia di virus comuni che di solito causano raffreddori lievi, vomito e diarrea, possano svolgere un ruolo. In effetti, circa il 77% dei casi in Gran Bretagna è risultato positivo anche all’adenovirus. Gli esperti incaricati di indagare sull’ondata di queste epatiti ritengono che il ciclo infinito di lockdown possa aver svolto un ruolo determinante, indebolendo l’immunità dei bambini e lasciandoli a maggior rischio di contrarre un adenovirus.
Scrivendo sulla rivista Eurosurveillance, il team, guidato dall’epidemiologa della Public Health Scotland, Kimberly Marsh, ha affermato che potrebbero esserci molto bambini «immunologicamente naif» nei confronti del virus a causa delle restrizioni. «Le ipotesi principali sono incentrate sull’adenovirus: una nuova variante con una sindrome clinica distinta o una variante che circola regolarmente che ha un impatto più grave sui bambini più piccoli immunologicamente ingenui», spiegano gli studiosi. «L’ultimo scenario potrebbe essere il risultato di una ristretta mescolanza sociale durante la pandemia», aggiungono. Altri scienziati hanno affermato che potrebbe essere stato un virus che ha acquisito «mutazioni insolite».
Intanto è appena partita un’indagine a tappeto su tutti i centri epatologici pediatrici italiani, per valutare l’eventuale aumento di casi di epatiti acute con cause sconosciute e verificare, di conseguenza, se il nostro Paese è interessato al fenomeno che sta coinvolgendo diversi Paesi. A lanciare l’indagine la Società italiana di gastroenterologia epatologia e nutrizione pediatrica (Sigenp).
«È una survey - spiega all’Adnkronos Salute Angelo Di Giorgio, coordinatore dell’Area fegato-pancreas della Sigenp - finalizzata a fotografare la situazione italiana in merito a questi casi di epatite acuta o insufficienza epatica acuta». L’obiettivo, aggiunge Di Giorgio, pediatra epatologo presso il Centro epatologia e trapianti pediatrici dell’ospedale Papa Giovanni XXII di Bergamo, «è capire quanti casi in questo momento sono in trattamento in Italia, e se abbiamo evidenze di un maggior numero di casi rispetto agli anni precedente. Serve verificare un eventuale incremento anomalo. L’insufficienza epatica acuta ad eziologia sconosciuta è infatti una patologia ben nota, che colpisce i bambini, puntualmente, ogni anno. Abbiamo sempre avuto casi e continuiamo ad averne. C’è da capire se ad oggi, da gennaio ad aprile, ne abbiamo di più degli anni precedenti. Questo sarebbe patologico».
«Il ministero della Salute si è immediatamente attivato, è già stata inviata una nota alle Regioni e sono state già fatte diverse riunioni con l’Ecdc. Per il resto, sappiamo per ora quello che sanno anche gli altri Paesi, purtroppo ancora poco, nel senso che c’è la descrizione di casi di epatite, molti descritti nel Regno Unito e alcuni in Spagna, Olanda, Belgio e Romania. Si tratta di una forma di epatite non riconosciuta nelle classiche epatiti virali, quindi A,B, C, D ed E, non si conosce la sua natura e se vi è un virus. In alcuni casi è stato trovato adenovirus, non c’è correlazione con il Covid e alcuni di questi piccoli pazienti hanno purtroppo necessitato, perché era una forma di epatite grave, di trapianto di fegato. Al momento si tratta per fortuna di numeri molto bassi e c’è una difficoltà nella diagnosi, perché se tu hai un qualcosa di nuovo non sai neppure come testarlo». Ha risposto così il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, interpellato sui casi di epatiti acute pediatriche sospette in Europa nel corso di una intervista video rilasciata alla Dire.
«Esistono due scuole di pensiero sulla sua natura- ha proseguito Sileri- tra chi crede che sia un virus infettivo e chi crede che non lo sia. La diagnosi è molto difficile e va per esclusione. Ad oggi chiunque in un’età pediatrica o tardo adolescenziale presenti i sintomi riferibili ad un’epatite, prima di dire che è una nuova epatite di natura da determinarsi vanno escluse tutte quelle precedenti. Ecco la difficoltà». Il ministero, intanto, e già «dietro al problema», ha ribadito il sottosegretario, secondo cui ora serve un «coordinamento internazionale, in questo caso europeo, sperando che chi ha avuto più casi e chi avuto i casi per primo possa indicarci di cosa si tratta. Al momento il numero di casi è prevalentemente limitato alla Gran Bretagna, ce ne sono intorno ai 60 casi circa in tutto il Regno Unito».
Però si parla di qualche caso individuato già anche in italia. «In questo momento non sono segnalati casi in Italia- ha risposto Sileri alla Dire- ma come dicevo precedentemente, laddove tu hai un’epatite che non è stata ancora inquadrata, da lì può nascere il sospetto. Noi adesso siamo di fronte ad una epatite che non rientra tra quelle note e prima di poter dire che è qualcosa di nuovo devi escludere quelle che ci sono. Accanto a queste ci sono le epatiti che possono essere da farmaci o da tossine, cioè si hanno altre forme di epatite di natura non infettiva. Quando studiavo Medicina, agli inizi degli anni Novanta- ha ricordato Sileri- sui libri c’era l’epatite "non A" e l’
epatite "non B", perché la C non era ancora stata descritta. Adesso, per spiegarlo in maniera semplice, ci troviamo davanti a qualcosa che va oltre la lettera E».
Ma in questo momento, ha fatto sapere Sileri, «Non sarei preoccupato. È chiaro che viviamo con la sensibilità di un SARS-CoV-2 che ha fatto oltre 160.000 morti in Italia e quasi 5 milioni di morti in tutto il mondo. Ora ci troviamo di fronte a qualcosa di diverso, quindi attenzione anche a non paragonare qualcosa di nuovo che accade routinariamente nella scienza medica con quello che invece abbiamo vissuto che è una pandemia. Questo è qualcos’altro di molto più limitato, seppur drammatico perché può colpire la popolazione pediatrica, ma assolutamente non sovrapponibile neppure lontanamente a ciò che abbiamo vissuto con il SARS-CoV-2», ha concluso.