covid e lockdown
Matteo Bassetti a raffica su Cina e Oms: nel lockdown a Shanghai violazioni dei diritti umani come in Ucraina
Le istituzioni di Shanghai sono preoccupate e non solo per il Covid, che ha fatto scattare un duro lockdown nella città cinese, ma anche per il rischio di incendi. Già, perché molte persone stanno utilizzando ingenti quantitativi di alcol per disinfettare appartamenti e provviste. Un fenomeno che ha spinto il governo a inviare un drone tra i grattacieli nel quartiere Huang Pu, in pieno centro, per diffondere alla popolazione il messaggio di non esagerare col liquido infiammabile che potrebbe far scoppiare pericolosi incendi, oltre ad altri avvisi come "state in casa" e "fate i test".
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"L’analisi che dobbiamo fare sulla Cina parte da lontano. Sono una potenza tecnologica, ma la loro gestione della sanità e della medicina è molto indietro. Noi guardiamo a Shanghai e Pechino che sono sicuramente più evolute, ma il 90% dei cinesi segue pochissimo l’evidenza scientifica e per questo sono rimasti al Covid del 2020 e alla spesa da disinfettare", è il commento dell’infettivologo Matteo Bassetti, direttore della clinica malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova. "Le loro istituzioni sanitarie purtroppo agiscono condizionate dalla politica e con mezzi non moderni - dice - culturalmente sono rimasti a marzo 2020, disinfettano i surgelati. La Cina è rimasta indietro anche nell’atteggiamento nei confronti del Covid: lo ’zero Covid’ è fuori dal mondo".
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La stessa arretratezza che ci ha portato ad avere in ritardo le informazioni preziose a inizio Pandemia: "I primi casi a Wuhan risalgono a luglio-agosto 2019, noi veniamo informati a dicembre - ricorda - personalmente sono preoccupato dal fatto che nessuno si permette di dire nulla quando ci sono sistematiche violazioni dei diritti umani. Episodi gravi che, a mio parere, valgono quanto ciò che succede in Ucraina. Quando vediamo ’lager’ per asintomatici e bambini strappati alle mamme dovremmo rabbrividire. L’Oms è assolutamente assente: chi deve pensare alla salute di tutti non può essere in mano agli Stati e la Cina contribuisce per il 50% all’Organizzazione Mondiale della Sanità".