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Ora l'Europa trovi unità anche sui migranti dall'Africa. Sbarchi continui nel silenzio generale

Andrea Amata
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Con l'approssimarsi della bella stagione gli sbarchi sulla costa meridionale del Paese, in particolare su Lampedusa, si moltiplicano, provocando preoccupanti criticità nella gestione dell'accoglienza. I pronostici sull'incremento degli arrivi, suggeriti a pronunciarsi dalle imminenti temperature miti, hanno trovato conferma in questi giorni con gli incessanti sbarchi a Lampedusa. In poco più di 24 ore sono approdati sull'isola siciliana più di 700 migranti, generando difficoltà di gestione alle autorità locali tanto che il sindaco Totò Martello ha espresso pesanti accuse: «Inquietante il silenzio delle istituzioni italiane ed europee su quello che sta accadendo nel Mediterraneo».

Il primo cittadino lampedusano ha rilasciato dichiarazioni tese a raccogliere l'attenzione del governo italiano e delle istituzioni sovranazionali affinché vengano adottate iniziative concrete per diluire l'impatto migratorio sull'isola. «La macchina dell'accoglienza inizia ad essere sotto pressione e l'hotspot è pieno in attesa di avviare i trasferimenti sulle navi quarantena» ha aggiunto il sindaco Martello. Il nostro Paese da anni gestisce in solitudine il fenomeno dei flussi che si origina dal Nord Africa ed oggi, che è impegnato nell'accoglienza dei profughi ucraini, sarebbe gravoso coabitare con più emergenze migratorie senza che l'Unione europea imponga una ripartizione per quote di solidarietà. L'istituzione europea non è rimasta inerte dinanzi all'emergenza pandemica e al conflitto russo-ucraino, assumendo su di sé la responsabilità dell'iniziativa per placare la crisi socio-economica e per reagire alla destabilizzazione geopolitica provocata da Putin.

 

Il Recovery Fund per la ripresa economica post-Covid e le sanzioni da comminare all'aggressore dell'Ucraina sono gesti esemplificativi di una riconquistata unità a cui, tuttavia, manca un tassello affinché sia compiuta. La tessera mancante è riconducibile alla politica di condivisione del fenomeno migratorio che, a parte spuri impegni verbali, è totalmente consegnato ai Paesi mediterranei. Con le proiezioni demografiche, che attestano la crescita esponenziale della popolazione africana, è intuibile immaginare l'inarrestabilità delle partenze, il cui urto non si può demandare alle già fiaccate comunità del Sud Europa. Il processo migratorio, se non si integra in un quadro di sostenibilità sociale ed economica, diventa irricevibile, soprattutto senza una redistribuzione degli oneri di ospitalità. Il nostro sistema di accoglienza è in overbooking, con un'eccedenza di arrivi rispetto alla disponibilità dei posti, e la pressione indiscriminata sulle nostre coste rischia di provocare tensioni sociali nei luoghi in cui si materializza il debordante fenomeno dei flussi.

 

Gli ultimi vertici europei hanno ignorato il dossier migratorio, mentre andrebbe programmata un'azione che inibisca le partenze dalla costa nordafricana. Il tema non è più differibile sia in ragione del controllo che la Turchia e la Russia esercitano sulla Libia, da cui si originano i traffici di esseri umani, sia per la recessione alimentare globale, innescata dalla guerra in Ucraina, che sta esacerbando la crisi umanitaria in alcune zone del continente africano. Il combinato disposto tra l'esplosione demografica e la penuria di materie prime (grano) intensifica i push factors (fattori di spinta) delle migrazioni. In tale scenario non è pensabile delegare ai soli Paesi di primo ingresso, come l'Italia, il gravame di una pressione imponente destinata a crescere. 

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