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Gli oligarchi russi li stanghiamo solo noi. Sanzioni soft in Europa: le ville in Costa azzurra non si toccano

Valeria Di Corrado
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L’intelligence finanziaria di mezzo mondo è alla caccia delle ricchezze di Putin e dei suoi fidati oligarchi, con l’obiettivo di depotenziare il cerchio magico del presidente russo e costringerlo a fare marcia indietro sull’Ucraina. È stata istituita prima la «Transatlantic Task Force» - che comprende Italia, Francia, Germania, Olanda, Regno Unito, Usa, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Giappone - e poi un gruppo di lavoro che ha l’obiettivo di «tracciare» beni riferibili alla nomenclatura russa. Il governo statunitense ha un elenco di politici, magnati e manager russi sanzionati; quello britannico pure. L’Unione europea aggiorna continuamente la sua personale lista nera, che al momento include 893 persone. Per la grande maggioranza i nomi coincidono tra le black-list dei vari Paesi, ma non bastano per scovare i tesori degli oligarchi, che raramente sono intestati direttamente a loro. La difficoltà delle polizie finanziarie transatlantiche è proprio quella di scovare i prestanome dietro i quali si celano, trust e società offshore dove nascondono soldi, beni mobili e immobili.

 

Nel 2016 l’inchiesta giornalistica internazionale Panama Papers, sulla base dei documenti riservati dello studio legale Mossack Fonseca, svelò per la prima volta il giro di affari che da Panama passava attraverso la Russia, la Svizzera e Cipro, e coinvolgeva anche una stazione sciistica privata dove la figlia più giovane di Putin, Katerina, si era sposata nel 2013. Nel 2021 i Pandora Papers, un’indagine giornalistica ancora più ampia, è andata oltre, ricostruendo il sistema finanziario «ombra» messo in piedi nei paradisi fiscali da circa un centinaio degli uomini più ricchi e influenti del mondo.

 

La Russia è rappresentata in «modo sproporzionato» nei Pandora Papers: il 14% delle oltre 27.000 società offshore hanno come beneficiari russi e 46 sono gli oligarchi che le utilizzano. Tra questi c’è Vladimir Putin e tre manager a lui vicini: Sergej Chemezov, amministratore delegato di Rostec, azienda statale del settore della Difesa; German Gref, ad di Sberbank, principale banca statale russa; e Konstantin Ernst, ad della principale emittente radiotelevisiva russa «Channel One». Quest’ultimo ha guadagnato miliardi di rubli demolendo i cinema dell’era sovietica a Mosca, venduti all’asta nel 2014 a una società collegata a una sua offshore (Moscow Dvorik Ltd), e costruendo al loro posto centri commerciali. I file mostrano anche che Ernst - inserito il 15 marzo nella black-list dell’Ue - ha beneficiato di un prestito di 16,2 milioni di dollari dalla banca RCB di Cipro, che fino al 24 febbraio scorso era partecipata al 46,29% dalla banca statale russa VTB Bank (PJSC). Tali quote sono state vendute agli altri azionisti ciprioti il giorno dell’invasione dell’Ucraina, per evitare le sanzioni (che poi sono arrivate) alla banca russa. 

 

RCB ha fatto notizia nel 2016 quando il quotidiano inglese The Guardian riferì che la banca cipriota aveva concesso centinaia di milioni di dollari in prestiti non garantiti a società di comodo controllate da Sergey Roldugin, un violoncellista e uomo d’affari inserito nella black-list dell’Ue il 28 febbraio scorso: «possiede almeno 5 entità offshore - si legge nel capo di accusa - è responsabile di aver "trasferito" almeno due miliardi di dollari attraverso banche e società offshore nel quadro della rete finanziaria segreta di Putin». Sempre a Cipro, lo studio «Anastasiades & Partners», come rivela la corrispondenza interna, avrebbe aiutato diversi oligarchi di Mosca a creare nuove offshore per sfuggire alle sanzioni internazionali. Eppure Cipro fa parte dell’Unione europea, che adesso ha dichiarato «guerra di sanzioni» agli oligarchi. 

La sensazione è che non tutti i Paesi comunitari stiano marciando a ranghi serrati in questa battaglia economica. La maggior parte delle imprese partecipate dai magnati russi - ossia 362 - si concentra in Germania, come rivela uno studio del Sole24Ore; eppure finora i tedeschi hanno congelato solo lo yacht «Dilibar» del miliardario Alisher Usmanov fermo nel cantiere navale di Amburgo. Stesso discorso per i francesi: a Cap d’Antibes, in Costa Azzurra, l’industriale russo Kerimov (inserito nella lista dei sanzionati il 15 marzo) avrebbe comprato 4 ville, tramite società da lui controllate, tra cui Villa Hier del valore di 127 milioni. Abramovich, nella stessa località, possiede il Castello della Croë. Eppure finora i francesi hanno congelato solo lo yacht «Vero amore» di Igor Sechin a est di Marsiglia.

I Pandora Papers svelano anche che Svetlana Krivonogikh, indicata come l’ex amante di Putin, è la beneficiaria di una offshore costituita nel 2003, esattamente un mese dopo la nascita della figlia Luiza Rozova, un’influencer russa di 19 anni ritenuta la figlia non riconosciuta del presidente russo. Con quella società Svetlana ha comprato per 3,6 milioni di dollari una residenza sul mare nel Principato di Monaco. All’epoca del presunto flirt lavorava come addetta alle pulizie in un hotel. Oggi ha un patrimonio di oltre 100 milioni

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