Gas dalla Russia all'Italia, "perché è difficile fare a meno di Mosca". L'economista avverte l'Italia
«No. Noi non possiamo svincolarci totalmente dal gas russo. Certo l'Italia, a differenza di altri Paesi europei, ha una forte diversificazione che risale ai tempi di Enrico Mattei, che non ringrazieremo mai abbastanza. Per cui è possibile che nei mesi e negli anni a venire il nostro Paese possa ridurlo, ma stiamo parlando di pochi miliardi di metri cubi». Demostenes Floros, senior energy economist presso il Centro Europa ricerche di Roma e autore del saggio «Guerra e pace dell'energia» (Diarkos), analizza le conseguenze per l'Italia relative alla guerra in Ucraina, soprattutto in merito alle dichiarazioni arrivate dalla Russia sulle conseguenze in caso di inasprimento delle sanzioni.
Si spieghi meglio...
«L'aumento della produzione interna necessiterebbe di tempo, investimenti e soldi. L'Algeria, che quest' anno ha incrementato in maniera notevole le esportazioni verso l'Italia, presenta problemi dovuti ai mancati investimenti negli anni trascorsi e un incremento della domanda interna. Quello che abbiamo preso dall'Azerbaigian nel 2021 ha sostituito quasi perfettamente il contemporaneo calo delle importazioni dal Nord Europa, anche se ho seri dubbi sulle reali possibilità azere di raddoppiare le attuali esportazioni. La situazione della Libia la conosciamo. Rimane il gas naturale liquefatto dagli Usa le cui importazioni sono già aumentate negli ultimi anni. Costa il 15-20% in più e presenta problemi non indifferenti. Non è affatto detto, infatti, che Qatar, Stati Uniti e Australia riescano ad incrementare la produzione e quindi l'esportazione; in secondo luogo c'è un grave problema infrastrutturale e dei contratti a lungo periodo. Magari alla fine riusciremo a diminuire la dipendenza dal gas russo, ma il gas liquefatto vuol dire aumento dei costi. Sono molto preoccupato delle conseguenze sulla nostra manifattura».
Come interpreta le dichiarazioni sulle «conseguenze irreversibili» per l'Italia in caso di inasprimento delle sanzioni?
«Cercherei di capire in primo luogo perché sono arrivate queste considerazioni da parte dei russi. E credo che abbia molto a che fare, e che sia addirittura la conseguenza della posizione in politica estera dell'Italia dall'allargamento del conflitto in Ucraina. Credo che il nostro Paese abbia preso una posizione che definirei oltranzista, in linea con la politica estera della Polonia e dei Baltici, che è ben diversa da quella di Germania e Francia. Ritengo che ciò sia un grave errore perché il nostro Paese è quello che aveva i migliori rapporti con la Federazione russa, soprattutto per quanto attiene l'energia e i rapporti commerciali conseguenti».
Cosa intende quando dice che il nostro paese sta tenendo linea oltranzista come Polonia e Baltici? A cosa di riferisce in particolare?
«Mi pare che le dichiarazioni dei nostri ministri degli Esteri e della Difesa in supporto all'Ucraina non vadano in direzione di una de-escalation per creare le condizioni affinché ci si possa sedere intorno ad un tavolo e cercare di interrompere quanto prima la guerra. Al contrario mi pare che le dichiarazioni del ministro Di Maio rischino di gettare benzina sul fuoco. Le reputo molto, molto pericolose e soprattutto non in linea con quelli che sono i nostri interessi energetici e commerciali. Non a caso Francia e Germania stanno tenendo una posizione completamente diversa da quella dell'Italia».
Cosa avrebbe dovuto fare o dire l'Italia per provare a portare sul tavolo una de-escalation tutelando gli interessi energetici?
«Partire proprio dal tema dell'energia che non concerne soltanto il gas naturale, ma anche il petrolio e il carbone, quest' ultimo usato dall'Ue per il 10% dei propri consumi. Il nostro Paese doveva cercare di portare al tavolo delle trattative i principali partner europei come Francia e Germania ponendo il peso dell'energia. Noi dobbiamo mettere da parte la logica dell'energia intesa come un ricatto e dobbiamo invece vederla come bandolo della matassa per poter uscire da questa situazione. Perché non solo noi abbiamo bisogno dell'energia della Federazione russa e non possiamo farne a meno, pena gravissime conseguenze dal punto di vista economico e sociale e drammatiche per il comparto manufatturiero. Anche la Russia ha bisogno della liquidità che arriva dalla vendita dell'energia all'Italia e all'Europa nel suo complesso. Quindi è un rapporto non di ricatto ma di interdipendenza. I nostri interessi commerciali nel Paese sino al 2014 erano incrementati esponenzialmente. Inoltre, le nostre principali imprese avevano incontrato Vladimir Putin pochi giorni prima dell'allargamento del conflitto ed era stato un incontro molto positivo purtroppo osteggiato dal nostro Parlamento. L'unica nota negativa di quell'incontro era stata la partecipazione di Eni poi venuta meno, credo a causa delle pressioni dagli Usa. Mi pare, invece, che dall'altra parte dell'Oceano ci sia l'interesse a rompere il rapporto Ue, Italia e Russia».