guerra ed empatia

La domanda assurda di Lilli Gruber all'ex tennista soldato. Quante ovvietà nei talk show sull'Ucraina

Arnaldo Magro

La premessa è doverosa. Fare domande pertinenti non è mai facile neanche in tempo di pace, figuriamoci ora, durante un conflitto in corso. Ma alcuni giornalisti, sembrano comunque essersi fatti prendere un po’ troppo la mano.  «Otto e mezzo» fa ciò che in tivvù viene definito uno scoop giornalistico e si collega con il tennista ucraino, Sergiy Stakhovsky. L’intervista è clamorosa, tanto da esser ripresa addirittura, dalla stampa internazionale. Il campione si trova al fronte, nella sua Kiev a combattere insieme a migliaia di civili, sotto gli attacchi russi. 

 

Da studio arriva questa domanda: «Lei ha paura?». Perché mai un giocatore professionista di tennis dovrebbe aver paura di morire, mentre è bombardato giorno e notte dai russi? Verrebbe quasi quasi da chiederselo anche da casa. Ma è il congedo allo sportivo a lasciare perplessi: «Arrivederci Stakhovsky e in bocca al lupo». «Crepi il lupo» risponderebbe volentieri il tennista, se solo conoscesse l’aforisma italico. Eppure in questi giorni nei talk show, abbiamo potuto/dovuto ascoltare veramente di tutto. 

 

«Lei che li vede, i profughi sono stremati, affaticati ed impauriti…». Chiamasi «guerra» e la scampagnata domenicale con la suocera è di certo meno faticosa. Abbiamo assistito a domande illuminanti: «Se incontrasse un militare russo davanti a lei, cosa gli direbbe?». Cosa si potrebbe chiedere ad un militare pronto a sparare, dovrebbe entrare di diritto in quelle domande da quiz show preserale di Gerry Scotti.

 

Il più delle volte, per darsi un tono molto «chic» i conduttori, amano definire i propri programmi come dei «salotti». Il salotto di casa Gruber o il salotto di Fazio, tanto per intenderci. E dal salotto di casa, in effetti appare molto più facile raccontare una guerra. Viverla o raccontarla con un pizzico di empatia, è senz’altro un po’ più difficile.