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Due anni fa esatti scattava il primo lockdown contro il Covid. Ora lo stato di emergenza è agli sgoccioli

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Era il 9 marzo del 2020 quando l'allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciò che, a causa del Covid - un virus di cui allora si sapeva poco - gli italiani sarebbero dovuti restare chiusi in casa. Una misura che durò circa due mesi, scanditi dallo smart working per gli adulti e la Dad per gli studenti. Poi arrivarono altre restrizioni: le mascherine, il distanziamento. Praticamente, il "divieto di socializzare". Ma grazie al vaccino e a quelle restrizioni - tanto odiate quanto necessarie - oggi, dopo due anni, facciamo ancora i conti con il virus, anche se con numeri ben più ridimensionati: nelle ultime 24 ore sono 48.483 i test positivi al coronavirus. Le vittime in un giorno 156. Calate le terapie intensive (-29) e i ricoveri (-201).

 

 

E inizia il conto alla rovescia per la fine dello stato di emergenza. Il lieve aumento dei contagi registrato negli ultimi giorni non preoccupa il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri poiché "non è significativo finché non si vede un aumento dei ricoveri. Che non c'è", spiega. Il che lascia ben sperare sul fronte delle riaperture: con il miglioramento della situazione tutti i protocolli di sicurezza "andranno rimodulati, tolti progressivamente, per farci riappropriare dei nostri spazi", assicura Sileri. "La distanza di sicurezza tra di noi andrà tolta fra le prime cose", prosegue. "Poi penseremo a togliere anche la mascherina al chiuso e, ancora prima, rimodulare gli isolamenti per i positivi asintomatici".

 

 

"Dal primo aprile ci sarà un allentamento delle misure restrittive", annuncia il sottosegretario Andrea Costa. "Sarà graduale ma partirà da subito, per esempio per gli spazi all'aperto, come bar e ristoranti, dove credo, già dal 1 aprile, il green pass rafforzato non sarà più necessario". E anche sul posto di lavoro, spiega, si sta lavorando "sul trasformare, prima del 15 giugno, l'obbligo di green pass rafforzato, in obbligo del green pass base". Ma attenzione ad "abbassare la guardia", ammonisce il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta: sarebbe "la 'strategia' migliore per farsi trovare impreparati dal virus e spianargli la strada".

 

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