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Covid, l'Italia ha pagato 10 milioni per il vaccino che non è stato ancora autorizzato

Dario Martini e Carlantonio Solimene
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L’Italia ha acquistato un nuovo vaccino contro il Covid che ancora non è stato autorizzato. È il siero che dovrebbe essere prodotto dalla francese Sanofi e dalla britannica GlaxoSmithKline. Il nostro Paese, attraverso la struttura commissariale diretta dal generale Francesco Paolo Figliuolo, ne ha ordinate 10 milioni di dosi, per la precisione 9.964.800. Prezzo: 41,5 milioni di euro. Dei quali al momento sono stati già liquidati 9,7 milioni.
"Il Tempo" alcuni giorni fa ha chiesto alla struttura commissariale per quale motivo abbia già sborsato delle somme quando non si sa ancora se il nuovo siero otterrà il necessario via libera da parte dell’Agenzia europea per i medicinali. Al momento della stesura dell’articolo non era però ancora arrivata alcuna risposta. Il commissario ha inserito l’acquisto di questo vaccino nella lista degli affidamenti di forniture per l’anno 2021. La procedura è europea, infatti rientra tra gli ordinativi previsti a seguito degli accordi sottoscritti dalla Commissione Ue con gli Stati membri. In realtà, siamo già in ritardo, perché il contratto d’appalto avrebbe dovuto avere come data d’inizio il 30 settembre scorso e dovrebbe terminare il 30 settembre di quest’anno. Un ritardo dovuto al fatto che inizialmente Sanofi e GSK miravano a produrre un siero a mRna, lo stesso metodo utilizzato da Pfizer e Moderna. Poi, in corso d’opera, ci hanno ripensato e hanno optato per un siero tradizionale. I tempi, quindi, si sono allungati. In linguaggio tecnico si tratta di un vaccino "proteico-adiuvato", che ha tra i suoi vantaggi il costo più basso e la possibilità di essere conservato a temperature da frigorifero.

 

 

 

Pochi giorni fa le due aziende produttrici hanno fatto sapere di aver concluso la sperimentazione e che sono pronte a chiedere l’autorizzazione per il commercio nei paesi europei, Italia compresa. Illustrando i risultati raggiunti, Sanofi e GSK hanno spiegato che, "utilizzato come vaccino per il ciclo primario», il farmaco «è stato inoculato in due dosi, ed eseguita poi un’ulteriore dose di richiamo, gli anticorpi neutralizzanti sono aumentati da 84 a 153 volte rispetto ai livelli di pre-richiamo". "Siamo molto soddisfatti di questi dati, che confermano il nostro approccio scientifico e i benefici del nostro vaccino Covid-19 - ha detto Thomas Triomphe, vicepresidente esecutivo Sanofi divisione vaccini - Il vaccino Sanofi-GSK dimostra una capacità universale di potenziare gli anticorpi, indipendentemente dalle piattaforme della vaccinazione primaria e in tutte le età. Abbiamo anche osservato una solida efficacia del vaccino utilizzato per il ciclo primario, nonostante il complesso contesto epidemiologico attuale. Nessun altro studio globale di efficacia di fase 3 è stato intrapreso in questo periodo in cui ci sono così tante varianti circolanti (tra cui Omicron). I dati di efficacia sono molto simili ai recenti dati clinici dei vaccini già autorizzati". Secondo Roger Connor, presidente di GSK divisione vaccini, "la situazione epidemiologica in costante evoluzione del Covid-19 dimostra la necessità di una varietà di vaccini. Il nostro candidato proteico-adiuvato utilizza un approccio ben consolidato che è stato ampiamente applicato per prevenire l’infezione da altri virus, compresa l’influenza".

 

 

 


L’acquisto del vaccino ancora non autorizzato, sebbene abbia per l’Italia certamente degli aspetti positivi (Sanofi ha scelto i laboratori di Anagni per una parte consistente della produzione) desta anche alcune perplessità. Quando il nuovo prodotto sarà a disposizione per l’utilizzo di massa - bisognerà aspettare almeno la primavera - la richiesta potrebbe essere di gran lunga inferiore all’offerta. Soprattutto per la copertura ottenuta finora dalla campagna vaccinale, che ha raggiunto oltre l’85% degli over 5, cioè il campione per il quale è stata autorizzata l’immunizzazione. 
I non vaccinati con più di 20 anni sono circa 2,8 milioni, di cui 1,2 milioni over 50. Inoltre, di nuovi vaccini ne è arrivato un altro proprio pochi giorni fa: il Novavax. Che, non essendo stato creato con la tecnologia a mRna, ha sostanzialmente lo stesso target del prodotto di Sanofi/Gsk: i cosiddetti «scettici». Lo stesso Novavax, per ora, non ha scatenato un’impennata di prenotazioni. Il 28 febbraio, primo giorno in cui è stato disponibile, seppure solo in alcune regioni, è stato somministrato solo in 877 casi.
Presumibilmente la richiesta tornerà a crescere il prossimo autunno. Ma per quella data il virus potrebbe aver subito ulteriori mutazioni e i vaccini potrebbero richiedere degli «aggiustamenti». Senza contare che un big del settore come la Pfizer ha già annunciato il lancio di un siero "universale", in grado di proteggere con una sola iniezione tanto dal Covid che dalla "vecchia" influenza.
Serviranno, in quel contesto, le dieci milioni di dosi di Sanofi/Gsk in parte già pagate? A giustificare la scelta nei giorni scorsi è stato il direttore dell’Aifa Nicola Magrini in un’intervista a "La Repubblica": "La logica è quella di prepararsi a tutte le evenienze, avere vaccini in abbondanza ed eventualmente donare dosi agli altri Paesi". Un regalo decisamente costoso.

 

 

 

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