Ecco come si ferma Putin. Parla Massolo: "Mosca pagherà un prezzo altissimo. Ma anche l'Europa"
L'ex capo del Dis sulla crisi ucraina
«Quello che sta accadendo è un classico». Giampiero Massolo, ex direttore del Dis, il Dipartimento per le informazioni sulla sicurezza, non è sorpreso da quello che sta accadendo in Ucraina.
Se lo aspettava?
«Diciamo di sì. Questo genere di operazione risponde fino a qui a un copione, che è lo stesso che venne usato in Georgia e in Transnistria. Quindi è proprio un classico. E se lo aspettava anche la comunità internazionale. Infatti le sanzioni e le reazioni non sono quelle da ultima spiaggia, ma quelle che scontano la possibilità di ulteriori azioni, quindi modulari e progressive».
Le sanzioni saranno efficaci?
«C’è una gamma di sanzioni e alcune sono molto rilevanti per Putin. Si tratta essenzialmente di quelle che gli precludono l’accesso alla tecnologia occidentale, che non è facilmente sostituibile con quella cinese; quelle energetiche egualmente non sostituibili agevolmente con le esportazioni di gas in Cina perché la rete dei gasdotti non è molto rilevante; quelle di restrizione ai movimenti, perché ingenerano una pessima impressione nell’opinione pubblica russa; le transazioni finanziarie che tagliano fuori il rublo».
Putin rischia di pagare un prezzo molto alto...
«Fino ad ora ha ottenuto il massimo risultato con il minimo mezzo. Ma se vuole un’ulteriore escalation allora c’è un prezzo da pagare in termini di sanzioni, reputazione, di esclusione dalle relazioni internazionali. Con l’attuale dimensione dell’economia russa potrebbe non essere facilmente sopportabile».
Come se ne esce?
«Intanto bisogna cercare di capire cosa vuole Putin. A quanto si capisce vuole tre cose: lavare l’onta, cioè riparare alla sconfitta dell’Urss nella guerra fredda, a cui ha fatto seguito quello che nella sua percezione è stata l’umiliazione della Russia da parte dell’Occidente che si è spinto a minacciarlo fino ai bordi dei suoi confini. E il discorso alla nazione così pesantemente ideologico in qualche modo lo dimostra. In secondo luogo vuole negoziare da posizioni di forza un nuovo ordine di sicurezza in Europa che riconosca le sue sfere di influenza e che ai suoi confini la nozione di sovranità statale è molto relativa. Un terzo elemento che sembra volere è quello di dividere gli europei tra loro e dividerli dagli americani. Se questo è quello che vuole, con ogni probabilità continuerà a far crescere la tensione e gli europei continueranno a opporsi nel modo che abbiamo detto».
L’Italia che ruolo gioca?
«Ci siamo, ma non a titolo individuale perché nessun Paese europeo, da solo, è in grado di stare in questo dialogo. Quindi ci siamo in quanto maggior Paese europeo insieme a Francia e Germania. Ciascuno di questi Paesi ha delle vulnerabilità nel negoziato sulle sanzioni e quindi anche da queste dipenderà quello che verrà adottato e noi giochiamo la nostra parte».
Quali sono le vulnerabilità italiane?
«Al pari della Germania è una vulnerabilità sulle forniture energetiche».
Com’è trattare con i russi. Durante la sua carriera avrà avuto modo di incontrarne...
«Sono negoziatori infaticabili e difficili da battere sulla tenuta. Poi c’è una logica di potenza che normalmente è estranea alle democrazie occidentali e anche una facilità di uso di strumenti militari, di intelligence e diplomatici. Quindi, quando negozi con una controparte che non ha le tue stesse limitazioni (opinione pubblica, spazio di manovra, perimetro normativo), sicuramente è molto complicato».
Se fosse al tavolo con Putin che argomentazioni userebbe per portarlo ad una ragionevole trattativa?
«Mostrare compattezza sia intraeuropea sia transatlantica; non mostrare segni di debolezza dal punto di vista della maggiore o minore reticenza ad applicare questa o quella forma di sanzione; quindi forti nella deterrenza ma allo stesso tempo non lasciar cadere nessuno spazio di dialogo. Cogliere tutti i segnali e immedesimarsi in esigenze che sono sicuramente di potenza, e dunque inaccettabili in una logica del XXI secolo, che però non sono del tutto prive di fondamento sul piano generale e quindi necessitano di una dose di ascolto».