interrogazione alla camera
Marmi Odescalchi "esportati nell'ombra". "Il Governo intervenga sulla villa spogliata dai nobili"
C’è un tesoro di statue che lo Stato italiano sembra aver dimenticato. Mentre i marmi Torlonia sono esposti in bella mostra ai Musei capitolini, quelli degli Odescalchi (provenienti sempre dall'originaria collezione del marchese Vincenzo Giustiniani) sono dispersi ed «esportati nell'ombra». La deputata Marzia Ferraioli del gruppo di Forza Italia ha presentato mercoledì scorso un’interrogazione a risposta scritta al ministro dei Beni culturali Dario Franceschini per chiedere «quali eventuali iniziative di competenza intenda assumere il Governo per la tutela e il ripristino di tutte le componenti del complesso monumentale».
La sua collocazione originaria era il palazzo Odescalchi-Giustiniani a Bassano Romano (in provincia di Viterbo), scenario di molti film storici, come "La dolce vita" di Fellini, “L’Avaro” con Alberto Sordi, alcune scene del “Gattopardo”, “Blaise Pascal” di Rossellini, “Il Marchese del Grillo”, “Bianco, Rosso e Verdone” e “Una moglie bellissima” di Pieraccioni. Il complesso monumentale Odescalchi-Giustiniani rappresenta uno dei più importanti complessi barocchi per la fusione degli elementi architettonici, scultorei e pittorici. Definito un "unicum inscindibile" dalle relazioni tecniche delle Soprintendenze al ministero della Cultura che ne avevano motivato e indotto l’acquisto al Demanio nel 2003, con una spesa pubblica iniziale di 5 miliardi e 700 milioni di lire, più altri 3 milioni e mezzo di euro per restaurarlo e renderlo fruibile. «Esso invece, a giudizio dell’interrogante, è divenuto simbolo di distruzione, illegalità ed anticulturalità in spregio alle leggi e in particolare al codice dei beni culturali, che ne dovrebbero prevedere il recupero di tutte le sue componenti e la ricollocazione nel contesto originario».
«Il complesso è stato a suo tempo vincolato dal ministero della Pubblica istruzione, con provvedimento generico, come si faceva allora, senza inventario - si legge nell’interrogazione - Ciò ha facilitato la spoliazione degli apparati decorativi, pertinenziali, della statuaria che era ancorata al palazzo, creando dubbi interpretativi che hanno consentito la rimozione di ogni cosa». Lo Stato ha quindi acquisito un contenitore vuoto. «Si trattava di opere legate al sito anche sotto il profilo storico e identitario che davano anche il nome agli ambienti - spiega la Ferraioli - La statuaria, anche se non elencata specificamente nel vincolo, è documentata nelle numerose pubblicazioni scientifiche, che non sono riuscite però a fermare i venditori Odescalchi a spogliare palazzo, villa e rocca, di tutti gli elementi decorativi e pertinenziali, ridistribuiti nelle altre residenze, prima di consegnare le strutture mutilate allo Stato».
Dalla peschiera della villa di Bassano Romano, ad esempio, sono sparite tutte le statue, tra cui il "Mitra tauroctono", ricomposto come “Gladiatore che uccide un leone”, di cui si erano perse le tracce tra la fine degli anni '60 e i primi anni '70. Il torso del gladiatore mutilato, senza il leone, era finito al Getty Museum di Malibu, in California. Riconosciuto casualmente nel 1984 dallo studioso tedesco Rainer Vollkommer, è stato sequestrato nel 1999 dal nucleo Tutela patrimonio culturale dei carabinieri, riportato in Italia e collocato a Ostia Antica. La testa ruggente del leone, invece, è stata rinvenuta nel 2016 nella villa Capo di Bove sulla via Appia acquistata dalla soprintendenza archeologica di Roma nel 2002 Ora, grazie all'iniziativa del ministero della Cultura "Cento opere tornano a casa", il gruppo scultoreo verrà ricollocato nella villa di Bassano Romano. Le famiglie Odeschalchi e Getty sono legate a doppio filo, per gli affari e per i rapporti di parentela. La zia di Giulia Odescalchi è Lavinia Lante della Rovere, la cui unica figlia, Domitilla, si è sposata con Mark Getty, fratello del magnate del petrolio e collezionista statunitense John Paul Getty. Quest'ultimo negli anni '60 acquistò il complesso secentesco della "Posta Vecchia", che sorge sui resti di una lussuosa villa marittima di epoca romana, a Palo Laziale, vicino Ladispoli ("Ladis Polis", città di Ladislao Odescalchi, che l'ha fondata).
«Le statue Giustiniani-Odescalchi di Bassano hanno la stessa matrice del nucleo Giustiniani-Torlonia a Villa Caffarelli - si legge nell'interrogazione - La genesi dei due nuclei è legata a Vincenzo Giustiniani (1564-1637), alla sua attività collezionistica e alla vocazione al mecenatismo che contribuì alla teoria delle arti figurative attraverso la stesura di tre scritti: "Discorso sopra la pittura, scultura e l'architettura", fusione inscindibile che realizzò a Bassano Romano. Oggi, mentre il nucleo Giustiniani-Torlonia è celebrato come fondamentale per la cultura del nostro Paese, quello Giustiniani-Odescalchi è disperso, esportato nell'ombra». «La Soprintendenza dell’Alto Lazio, ufficio periferico del ministero della Cultura e organo di vigilanza, ad avviso dell’interrogante, avrebbe dovuto meglio vigilare sugli elementi culturali del complesso, non consentendo la libera disponibilità degli apparati decorativi», attacca la Ferraioli. Il Ministro Franceschini, infatti, ha dichiarato di voler stanziare 40 milioni di ero per collocare a palazzo Rivaldi i marmi Torlonia: «Lo Stato italiano è pronto a mettere a disposizione luoghi e risorse per creare a Roma il Museo Torlonia che siamo sicuri arricchirebbe sia l’Italia che Roma Capitale». Mentre l'Italia si "arricchisce" di parte della collezione Giustiniani passata ai Torlonia, l'altra parte passata agli Odescalchi - fatta a pezzi ed esportata - rimane nell'oblio.
«Non è chiaro se le movimentazioni e le vendite siano possibili senza essere state autorizzate, quando la tutela dovrebbe essere ope legis in quanto di proprietà pubblica. Alcune statue sono state rinvenute casualmente all’estero - conclude la deputata di Forza Italia - ed è ancora sconosciuto se sia stata formulata richiesta di esportazione agli appositi uffici. La mancanza di un quadro conoscitivo completo delle raccolte Odescalchi, che preclude la vigilanza sul territorio delle soprintendenze, continua a essere il trampolino verso il traffico internazionale illecito di beni culturali senza lasciare traccia, creando gravissime perdite per il Paese e, nello specifico, vanifica la spesa pubblica ai danni al Demanio».
Già in passato statue romane che si trovavano nel Castello Odescalchi di Santa Marinella sono finite all'estero. Altre sono state portate nel palazzo Odescalchi di piazza Santi Apostoli, progettato da Bernini a Roma, per poi ricomparire nelle aste di New York o Londra. Poco è stato recuperato, come il celebre taccuino di disegni di Pietro da Cortona sequestrato dalla Guardia di Finanza a Fiumicino, a seguito di un tentativo di esportazione clandestina. Il taccuino era uno dei tanti appartenuto alla Regina Cristina di Svezia, acquistato nel '600, con tutta la sua straordinaria collezione, da Livio Odescalchi. Collezione che i discendenti, negli anni, hanno per gran parte disperso.
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