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Sul caso Open il primo test per il nuovo asse anti-giustizialista

Benedetta Frucci
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A 30 anni da Mani Pulite, l'inizio dell'era del predominio delle toghe sulla politica, è accaduto quello che fino a pochi anni fa nessuno poteva immaginare: fra abusi di potere e uso spregiudicato della giustizia, sentenze politiche, ma anche a causa della sensazione di lassismo nei confronti di reati che destano maggiore allarme sociale e che riguardano la sicurezza dei cittadini, la magistratura ha subìto un serio contraccolpo nell'opinione pubblica, la stessa che la acclamava con Tangentopoli.

Complici le rivelazioni di Luca Palamara, si è scoperchiato un vaso di Pandora che ha portato a una percezione di grande sfiducia da parte dei cittadini nei confronti della magistratura. E proprio da queste rivelazioni, è partita una rilettura più attenta, anche in parte della sinistra, della storia giudiziaria più recente. Dalla vicenda- rectius persecuzione - Berlusconi, ai tanti processi che vedono coinvolti sindaci e parlamentari, alle inchieste che campeggiavano sui giornali, con nomi evocativi, passando per i processi a Salvini, fino alla persecuzione giudiziaria di Matteo Renzi e della sua famiglia. Veri e propri atti di guerra da parte delle toghe rosse nei confronti dei politici avversari, che però hanno spesso prodotto l'effetto opposto a quello sperato, generando solidarietà per le vittime di tale persecuzione.

Sull'onda di questa sfiducia, sono state raccolte le firme per il referendum sulla giustizia, che, al di là del merito e dei tecnicismi, costituisce un vero e proprio scossone a una classe politica pavida e inerte e una delle ultime occasioni per cambiare davvero lo stato delle cose. D'altro canto però, un fallimento dei referendum per non raggiungimento del quorum costituirebbe un'insperata boccata d'ossigeno per i giustizialisti e per quel morente sistema di potere che all'interno della magistratura fa il bello e il cattivo tempo. Il rischio non è peregrino: da un lato, la bocciatura dei quesiti su eutanasia e cannabis ha privato il referendum di un grande effetto trainante che avrebbe determinato una sicuramente maggiore affluenza.

Dall'altro, il rischio maggiore consiste nel fatto che, volenti o nolenti, sono gli elettori di centrodestra a essere schierati per lo più per il sì ai quesiti. E gli elettori di centrodestra, si sa, hanno un terribile rapporto con l'affluenza. È una questione storica e di impegno politico: a sinistra si va sempre e comunque a votare. A destra - i dati catastrofici delle ultime amministrative parlano chiaro- il partito del weekend fuori porta è quello su cui si scommette più spesso. Si capisce come quindi la scelta di accorpare o meno i referendum alle amministrative diventi esiziale: al Ministero si stanno valutando svariate date, con il difficile compito di assecondare le richieste opposte dei partiti. Se pare tramontata l'ipotesi di accorpare il referendum al primo turno elettorale, prende però ora piede l'idea di unirlo ai ballottaggi.

Una soluzione che potrebbe essere di compromesso ma che, se la data scelta, come pare, fosse intorno alla metà di giugno, sarebbe catastrofica per il raggiungimento del quorum. Il fronte garantista che attraversa i partiti ha ora in mano la palla e può dimostrare di saper giocare di squadra: sia per ottenere una data più favorevole dal ministero, sia per costruire una campagna elettorale adeguata e martellante.

Quello che deve costituirsi è un vero e proprio Partito delle Garanzie, contro ogni giustizialismo, che si impegni davvero per la buona riuscita dell'appuntamento referendario. Un Partito che avrà da subito un primo banco di prova domani pomeriggio, quando approderà in Aula al Senato il conflitto di attribuzione sollevato sulla vicenda Open, che vede coinvolto Matteo Renzi.

In prima battuta, la Giunta di Palazzo Madama ha dato il via libera grazie al voto compatto del fronte garantista, che va dal centrodestra unito ad Italia Viva. Lì il Pd si astenne, è vero, ma è difficile pensare che l'ala riformista seguirà la stessa strada, considerato anche che Renzi arriverà al voto, forte della terza pronuncia della Corte di Cassazione che ha dichiarato illegittimi i sequestri relativi al caso Open, smontando pezzo per pezzo il teorema della procura di Firenze.

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