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Perché Camilla Canepa per l'Aifa non morta per il vaccino. La regola assurda del report sui casi avversi

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In base al report dell'Aifa di farmaco-vigilanza sul vaccino anti-Covid le morti direttamente collegate al siero sono solo 22, tutte riguardanti pazienti di oltre 80 anni di età. Nessuna diciottenne, come Camilla Canepa, scomparsa come è noto dopo una dose di AstraZeneca. Viene da pensare che evidentemente il decesso non è stato ritenuto avente un rapporto di correlazione con il vaccino, come molti altri. 

 

Eppure la "perizia della Procura ha accertato che la ragazza non soffriva di alcuna patologia, era cioè in salute, e non assunse altri farmaci che potevano interagire con l'iniezione ricevuta. La sua morte è dunque 'ragionevolmente da riferirsi a effetti avversi della vaccinazione'. Lo scrivono i periti della Procura di Genova Luca Tajana e Franco Piovella, nelle 74 pagine di relazione consegnata ai pm Francesca Rombolà e Stefano Puppo, in cui analizzano le cause della trombosi cerebrale per carenza di piastrine che ha causato il decesso di Camilla" scrive Maurizio Belpietro su La Vertità. E allora perché la giovane di Chiavari, e chissà quanti casi come il suo, non rientra nel report? 

 

Il motivo è che Camilla è morta il sedicesimo giorno dopo aver ricevuto la dose di Astrazeneca, mentre l'algoritmo dell'Agenzia italiana del farmaco prende in considerazione solo i decessi avvenuti entro 14 giorni dalla somministrazione. Non oltre. "Tradotto in poche parole, è morta troppo tardi per essere considerata una vittima del vaccino" è il commento di Belpietro che riporta anche il numero dei casi che restano fuori dalla contabilità. Ben "223 segnalazioni sono state escluse perché il decesso avveniva oltre le due settimane o perché non era possibile calcolare l'intervallo temporale tra la vaccinazione e il decesso".  Insomma, dopo i 14 giorni chi muore non ha diritto a essere considerato vittima del vaccino anche se una perizia di tribunale attesta il contrario. 

 

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