Niente ferie estive per il green pass: il governo lo vuole anche dopo il 15 giugno
Il super green pass rinforzato continuerà a essere obbligatorio per gli over 50 anche dopo la scadenza del 15 giugno. Ad annunciarlo, spiegandone i motivi, è il sottosegretario alla Salute Andrea Costa, intervistato da Rtl. «Dobbiamo in tutti i modi cercare di ridurre la platea di non vaccinati- spiega Costa- Coloro che occupano prevalentemente le terapie intensive sono loro e non possiamo permettercelo perché dobbiamo dare l'opportunità agli ospedali di continuare con le attività ordinarie. Sull'obbligo del super green pass rinforzato degli over 50 dobbiamo essere rigidi, andando anche oltre la scadenza del 15 giugno. Siamo convinti della scelta presa e dobbiamo assolutamente tenere il punto». L'altro giorno, sempre Costa aveva aperto al possibile allentamento delle misure restrittive all'aperto a partire dal mese di marzo. Una possibilità legata alla prosecuzione della campagna di vaccinazione e all'aumento della platea degli immunizzati con la terza dose. «Abbiamo 48 milioni di italiani che si sono vaccinati, dobbiamo raggiungere 35 milioni che hanno già ricevuto la dose booster, quindi circa 12 milioni di concittadini devono ricevere ancora con la terza dose e, se procediamo con questo ritmo di vaccinazioni, in un mese dovremmo completare la somministrazione della terza dose. E già da marzo si può prevedere rallentamento del Green pass ad esempio nei luoghi all'aperto», le parole del sottosegretario ad Agorà, su Rai 3.
Terapie intensive piene, Omicron come Delta per i no-vax. L'allarme: “Non è un raffreddore”
Intanto, a conferma delle parole di Costa sulle terapie intensive riempite nella stragrande maggioranza da no vax, arrivano i dati dei rianimatori. Omicron è dominante in Italia anche nelle terapie intensive, piene soprattutto di pazienti Covid non vaccinati, per cui la variante non è un banale raffreddore. «Una serie di studi che stiamo portando avanti ci dicono che sui non vaccinati Omicron non fa differenza, non è meno pericolosa di Delta: 2/3 dei quasi 4/5 dei pazienti Covid in terapia intensiva sono Omicron, si tratta di non vaccinati e pazienti fragili. Per loro, quest' ultima variante è tutt' altro che un raffreddore», sottolinea ad AdnKronos Salute Antonino Giarratano, presidente della Siaarti, la società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva, che sta collaborando con l'Istituto superiore di sanità per valutare l'incidenza delle varianti all'interno delle terapie intensive.
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«Essendo molto più trasmissibile, Omicron ha determinato un contagio diffusissimo anche fra bambini e adolescenti, fra cui la percentuale di casi gravi è bassissima, solo un 5% ha sintomi significativi. Ma sui non vaccinati non è così - rimarca- abbiamo una situazione sovrapponibile alle precedenti ondate. Nella nostra rete di terapie intensive, vedendo pazienti in condizioni gravi, non registriamo differenze fra Omicron e le altre varianti. I numeri sono certamente lontani da quelli delle precedenti ondate, ma se il mondo circostante ha ripreso a vivere senza problemi, come se il Covid non ci fosse più, negli ospedali e nelle terapie intensive si continua a lottare. Continuiamo a vedere la coda dell'ultimo picco di casi e a contare ancora tanti decessi, la mortalità fra i non vaccinati in terapia intensiva resta molto elevata», aggiunge Giarratano. Per l'intensivista, «entro 30-40 giorni potremmo essere fuori da quest' ultima ondata, ma per vedere gli effetti sull'occupazione delle terapie intensive ci vorrà più tempo».
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