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Finalmente liberi dal bavaglio della mascherina. Ma il continuo terrore non fa tornare la normalità

Hoara Borselli
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Quando realtà ed illusione si fondono in un unicum paradossale, il giornale del virus, quello che della liturgia del terrore ha fatto la sua cifra più significativa, ci regala un titolo a tutta pagina: «Virus, così l'Italia riapre». Per il blasonato quotidiano di via Solferino, è arrivato il momento di dare agli italiani una bella notizia, di quelle che dovrebbe farci saltare dalle sedie dopo due anni di nefaste previsioni declinate in ogni rigo e in ogni pagina. Finalmente un respiro di libertà dopo lunghissimi mesi dominati da parole come sacrifici, chiusure, obblighi e restrizioni. Poi però leggiamo l'articolo e ci accorgiamo che quel sorriso stampato in faccia alla visione del titolo, si smorza frase dopo frase con la presa di coscienza che siamo cascati nel più classico tranello dello specchietto per le allodole, ovvero attratti da una narrazione lusinghiera, rivelatasi sostanzialmente ingannevole. Bastano le prime cinque righe per capire cosa abbia suscitato cotanto entusiasmo da farne l'apertura del giornale e cosa invece a noi quell'entusiasmo lo abbia smorzato.

 

 

Ecco cosa scrive: «I passi verso la normalità. Da oggi non c'è più l'obbligo di indossare la mascherina all'aperto». Evviva, l'apertura dell'Italia passa da questo segnale potentissimo che sicuramente darà una sferzata alla nostra economia incancrenita e ci farà sentire più liberi. Ci toglieremo la museruola che era obbligatoria fino a ieri anche per portare il cane al parco nonostante tra noi e l'altro soggetto ci fossero tre ettari di campo. Speranza ci ha concesso di poter dialogare all'aria aperta con la bocca e non più solo con gli occhi. Considerata la totale inefficacia di questo presidio sanitario negli spazi esterni, verrebbe da dire che più che un segno di riapertura è un segnale di presa di coscienza. Ma veramente questo può essere considerato un passo importante di libertà al punto da essere applaudito dalla maggior parte degli italiani e della stampa, associandolo alla percezione di un ritorno alla normalità e non cogliendone invece il paradosso? Questo grido di gioia non ci consegna altro che la misura dissonante di quanto ormai avessimo ribaltato nelle nostri menti la reale misura delle cose.

 

 

Pensiamo solo a ciò che accadrà dal 15 febbraio. Gli over 50 non vaccinati non potranno tornare a lavorare. Questo è un unicum che si registra solo in Grecia ed in Austria, a differenza di tutti quei paesi che stanno trattando ormai il Covid come una malattia endemica dissociandosi giorno dopo giorno da quella narrazione chiusurista che da noi la sta facendo ancora da padrone. Chi oggi inneggia a questa concessione del bavaglio da mettersi sul volto solo nei luoghi al chiuso, dimentica che fra tre giorni 315mila contadini, come riferisce Confagricoltura, si troveranno a non poter più stare nei campi e non perché non vaccinati, ma perché i vaccini che si sono fatti inoculare nei loro Paesi non sono riconosciuti dall'Italia e quindi vengono inseriti in quel bacino di reietti no Vax cui sarà impedito di svolgere il loro lavoro. Da non dimenticare tutti coloro, e sono centinaia di migliaia, che per motivi indipendenti dalla loro volontà non hanno la patente di libertà e saranno relegati a non poter portare il pane in tavola perché non si aprirà il tornello dell'Azienda dove fino ad oggi hanno avuto accesso.

Eh già, oggi che si parla di numeri in costante e progressiva discesa in termini di contagi e ricoveri, noi invece di ampliare le maglie di libertà le teniamo strette e limitanti, concedendo delle false illusioni che risultano essere concessioni fin troppo generose. Esemplificativo il tweet di Claudio Velardi, giornalista, saggista, fondatore ed editore del quotidiano Il Riformista che cinguetta «Continuerò a tenere la mascherina nelle occasioni che mi sembrerà utile. L'abbiamo scoperta perché ci è stata (giustamente) imposta, ma la strisciolina di stoffa protegge la salute di ognuno al di là del Covid. Perché dunque non usarla anche in futuro liberamente?». Ecco l'esempio di come si sia potuto stravolgere il concetto di libertà nella mente delle persone, affezionati ormai a quella normalità emergenziale da aver paura a riavvicinarsi a quella reale.

 

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