quanto costa la libertà?
Il patron di Diesel e i 50 euro per vaccinarsi: certe scelte non si comprano
Le scelte si fanno. Non si comprano! In un clima generale di moral suasion pro vax, non pensavamo di dover assistere anche a tentativi di elargizioni economiche in stile pannelliano, per convincere gli indecisi a vaccinarsi. L’ultima trovata pubblicitaria del patron del brand Diesel, Renzo Rosso, di donare 50 euro per ciascun nuovo vaccinato, ci riporta ad un clima che credevamo di non dover più rivivere, in cui si offrivano soldi o semi di cannabis ai cittadini per battaglie di liberalizzazione, anche se di discutibile valenza morale e sociale. Basta tornare con la memoria agli anni Novanta quando circa cinquemila persone si misero in fila in piazza Navona per ottenere le 50mila lire che la Lista Pannella distribuì ai cittadini, muniti di documento di riconoscimento, come segno di protesta contro la legge sul finanziamento pubblico ai partiti.
A distanza di trent’anni cambia il fine ma non il mezzo. Oggi le 50mila lire diventano buoni spesa del valore di 50 euro. È cambiata la moneta ma non la cifra tonda. I soldi che diventano merce di scambio per ottenere il consenso dei reticenti a farsi iniettare il vaccino ed implementare quella percentuale numerica che diventa l’obiettivo da raggiungere ad ogni costo, o meglio ad ogni prezzo.
Considerando che ci sono centinaia di migliaia di lavoratori che ad oggi, decidendo di non vaccinarsi, hanno messo in conto di non portare il pane in tavola, come si può pensare di convincerli regalando loro un buono spesa da 50 euro? Veramente valgono così poco, o meglio, possono essere quantificate in euro scelte personali legate alla salute?
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Troppo spesso ci si dimentica che dietro alla decisione di non vaccinarsi c’è un reale disagio dettato da quella comunicazione ondivaga e contraddittoria che campagne commerciali di questo genere non fanno altro che acuire e banalizzare.
Ci sono però due precedenti che possono essere stati i detonatori di questo messaggio distorto e mortificante, ovvero che grazie alle mance si possono far convergere idee che, politicamente parlando, molto spesso si sono tradotte in voti. Sono state due le misure bandiera varate prima delle elezioni europee.
Nel 2014 fu la volta degli 80 euro dell’ex-premier Pd Matteo Renzi, che entrarono in vigore proprio ad aprile, un mese prima delle urne, contribuendo all’exploit del Pd al 40 per cento. Cinque anni dopo arrivò un’operazione molto simile da parte del Governo M5s-Lega (che avevano aspramente criticato Renzi per gli 80 euro): l’erogazione dei primi assegni del reddito di cittadinanza. Esattamente un mese prima delle elezioni europee del 26 maggio 2019.
Nel primo caso, ciò che portò Matteo Renzi ad essere il Dio dell’Olimpo dei consensi fu la promessa di gonfiare la busta paga di 80 euro netti al mese a chi ne percepiva meno di 1.500 euro. Un mancia di circa mille euro in più all’anno che si è rivelata vincente ma precaria dal momento che, una volta sfilata nuovamente dalle tasche degli italiani, ha riportato il King Maker della politica sulla terra relegandolo ad essere il politico che conta più parlamentari nel Palazzo che voti alle urne, granitici sul 3% o poco meno.
Nel secondo caso, il Reddito di Cittadinanza,quello che la leader di FdI Giorgia Meloni ha definito «metadone di stato», che si è rivelata la misura assistenzialista più fallimentare messa in campo, ma al contempo più redditizia per i Cinquestelle che, con queste mance a fondo perduto, si sono stretti a corte milioni di elettori.
Il denominatore comune di tutte queste operazioni strategiche è sempre il denaro, che diventa il mezzo migliore per far leva sui bisogni elementari delle persone.
Ricordate negli anni Cinquanta quando a Napoli il monarchico Achille Lauro donava una scarpa a ciascun elettore, la seconda scarpa dopo il risultato?
Ieri si ricattavano gli elettori con beni di prima necessità, oggi si vuole convincere gli indecisi al vaccino con un buono spesa che a fronte del certificato di avvenuta vaccinazione,farà portare a casa un paio di jeans fiammanti.
Siamo troppo severi se definiamo immorale esercitare una forzatura simile su una parte della popolazione ancora confusa e/o indecisa, tramite una pressione economica?
Le motivazioni da ricercare per convincerli dovrebbero essere di natura medico scientifica e non certo di natura venale.
Non si possono coprire marchette imprenditoriali, giustificandole con motivi apparentemente filantropici. L’approccio machiavellico, quando si tratta della salute pubblica, non può e non deve prevalere.