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Pfizer prepara la super pillola, al lavoro sul nuovo farmaco "universale" contro tutti i coronavirus

Dario Martini
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Pfizer sta già lavorando a un altro farmaco contro il Covid. Dopo la pillola Paxlovid, arrivata in Italia da pochi giorni, la casa farmaceutica americana ha in mente di lanciare la super pillola.

I vertici dell’azienda lo hanno svelato agli investitori in occasione della presentazione dell’ultima trimestrale sui conti del 2021. Michael Dolsten, capo scientifico della multinazionale, ha spiegato che si tratterà di «un antivirale orale Sars-CoV-2 di nuova generazione». L’obiettivo è «ottenere un’elevata efficacia clinica e proprietà pan-coronavirus (un siero universale in grado di combattere tutti i virus di questo tipo, non solo il Covid e le sue varianti, ndr), con un profilo di sicurezza favorevole e contrastare la potenziale resistenza virale». Tutto ciò senza potenziare il «ritonavir», un inibitore della proteasi che si trova anche nel Paxlovid e che, a causa di svariate controindicazioni, limita molto il possibile utilizzo della pillola già in commercio. Una prima fase di studio sull’uomo è prevista nella seconda metà dell’anno. La super pillola sarà solo l’ultima arma a disposizione per combattere il virus.

 

Pfizer è in attesa dell’autorizzazione al vaccino nei bambini più piccoli, da 6 mesi a 4 anni. La Fda, l’organismo di controllo americano, ha chiesto ulteriori dati alla casa farmaceutica. Un incontro è previsto il 15 febbraio. Appare sempre più probabile che, dopo le prime due dosi, i bambini debbano farne una terza a distanza ravvicinata: dopo solo due mesi. Dolsten la definisce un’opzione «ottimale», perché i test hanno dimostrato una scarsa efficacia delle due dosi di vaccino nei piccoli da 2 a 4 anni Anche i più grandicelli, da 6 a 11 anni, con ogni probabilità saranno chiamati a fare il booster.

 

Alla luce di tutto ciò, Pfizer non prevede un calo di fatturato. Se nel 2021 ha incassato 81,3 miliardi di dollari, di cui 42,2 solo dal vaccino Comirnaty, il 2022 sarà ancora meglio. La previsione è d’oro. La casa farmaceutica punta a fatturare tra i 98 e i 102 miliardi. Gli introiti dal siero scenderanno a 32 miliardi, ma la pillola Paxlovid ne porterà in dote altri 22. Gli azionisti, che l’anno scorso hanno ricevuto dividendi per 8,7 miliardi di dollari, possono dormire sonni tranquilli. Il ceo Albert Bourla ha rassicurato gli investitori: «I nostri scienziati continuano a monitorare il virus SARS-CoV-2 e ritengono improbabile che venga completamente sradicato nel prossimo futuro. Lo credono per tre motivi: la distribuzione globale del virus ne rende difficile il contenimento; il Covid ha mostrato la capacità di mutare spesso, rendendo difficile anticiparlo; i dati sembrano mostrare che le infezioni naturali non portano al tipo di protezione duratura necessaria per prevenire tutte le trasmissioni e le mutazioni virali. Di conseguenza, le persone possono essere reinfettate da ceppi uguali o diversi nel tempo».

 

Mentre gli azionisti festeggiano, però, ci sono anche i lavoratori che piangono. Come quelli dello stabilimento di Catania, dove Pfizer ha annunciato 130 esuberi. Nonostante la pioggia di miliardi di dollari, l’azienda non ha intenzione di ripensarci. Ieri il Comune etneo ha sollecitato un vertice a Roma per trovare una soluzione: «È necessario che quanto prima il governo nazionale e in particolare il ministero dello Sviluppo Economico attivi un tavolo tecnico e di confronto con le forze sindacali, istituzionali e l’azienda, per fermare il surreale piano di Pfizer di depotenziare il sito catanese ricorrendo persino a inaccettabili licenziamenti di personale, proprio mentre la stessa impresa ha assunto un fruttuoso ruolo centrale nel mondo con la produzione di miliardi di vaccini».

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