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Sul Covid eterno scontro tra Regioni e Stato. Speranza mantiene misure rigide e non cambia idea

Pietro De Leo
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Breve prontuario quotidiano. Tema: il sistema a colori in base al quale applicarevarilivelli di normative anti Covid nelle regioni. «Chiederemo al governo una modifica delle colorazioni, questa è la posizione della Conferenza dei governatori. Siamo convinti che debbano essere rivisti i parametri» (Nello Musumeci, Presidente della Regione Sicilia, intervenendo ieri a Omnibus su La7). «Stiamo dialogando con il Governo per eliminare la distinzione in zone a favore di quella più attuale tra persone vaccinate e non vaccinate» (Giovanni Toti, Presidente della Liguria, in un post Facebook). «Da settimane ormai le Regioni segnalano al Governo che questa metodologia di classificazione è superata dai fatti, però sono settimane che il governo Continua a cincischiare, a fare riunioni, a fare tavoli» (Marco Marsilio, Presidente della Regione Abruzzo). Insomma, sul meccanismo a colori, si innesca l'ennesimo braccio di ferro tra governo centrale e dimensione regionale. In realtà non è neanche l'ultimo sul tema, visto che sui parametri da considerare per il cambio di colore c'era stato già un acceso dibattito lo scorso anno.

 

 

Così come, qualche settimana fa, una frizione si è verificata anche sul metodo di conteggio dei contagiati. Le Regioni, infatti, avrebbero voluto scomputare gli asintomatici, che gonfiano la contabilità creando anche un contraccolpo psicologico nel tessuto sociale. Già, perché il ping pong tra Esecutivo e Governatori è una vera e propria costante che, ha caratterizzato tutto il periodo della pandemia. A varia intensità, probabilmente molto maggiore ai tempi del governo Conte rispetto all'Esecutivo Draghi. Ma è comunque un fatto che attorno alle regole pandemiche si è sempre verificata una dialettica spesso accesa, con i governatori pronti a rivendicare, di volta in volta, le specificità dei loro territori. Solo nelle ultime settimane, abbiamo per esempio le ordinanze di Sicilia e Calabria per rivedere il requisito che i cittadini dovevano osservare per salire sui traghetti che attraversano lo Stretto: portandolo dal green pass al green pass base. E superando, di fatto, una norma del governo (in ogni caso l'Esecutivo non ricorrerà contro questi provvedimenti). Sempre alle scorse settimane risale la lunga e travagliata gestazione delle normative per la gestione delle scuole, con alcuni Presidenti di Regione contrari alla riapertura in presenza, uno su tutti il campano Vincenzo De Luca che avrebbe preferito proseguire in Dad per qualche altra settimana per gli alunni fino alle medie.

 

 

Per non parlare, poi, della lunghissima fase di coprifuoco. Quando la scorsa primavera fu emanato il decreto riaperture, che ri-allargava la quota di recupero della vita dopo un inizio anno praticamente in un quasi -lockdown, ci fu un ampio confronto sull'orario del «tutti a casa», a quel tempo fissato per le 22 e che le Regioni avrebbero voluto allungare di sessanta minuti. E sempre in quel frangente, facendo parte del provvedimento anche il ritorno a scuola dalla Dad, si chiedeva una implementazione del trasporto pubblico. Tuttavia, nulla rispetto alle durissime settimane della genesi della pandemia, due anni fa esatti, quando il sistema istituzionale e ospedaliero si trovò di fronte ad uno tsunami di emergenze. Sanitarie, logistiche, organizzative, finanziarie. In quel momento, punte di muscolarità tra livello nazionale e regionale furono toccate soprattutto nel caso della Lombardia. Ci fu il momento in cui, per esempio, si scatenò una polemica perché il Presidente Attilio Fontana aveva emesso un'ordinanza anticipando il governo Conte su alcune restrizioni. E rimase agli annali lo scontro sulle mascherine. L'allora assessore Giulio Gallera lamentò la fornitura per gli ospedali di una tipologia che sembrava più un panno per spolverare che un dispositivo di protezione. L'allora ministro degli affari Regionali Francesco Boccia si presentò in conferenza stampa con una di quelle mascherine appesa all'orecchio, per ironizzare sulle parole di Gallera. Anche lì, polemiche a non finire. E allora ecco che il racconto politico di questi due anni diventa anche quello di una difficoltà nell'amalgama istituzionale.

 

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