effetti avversi

Consenso informato, i dubbi dei giudici amministrativi sui danni da vaccino. Il caso in Sicilia

Gaetano Mineo

Occorre maggiore chiarezza sul consenso informato a cui è sottoposto il cittadino per la vaccinazione anti Covid-19. La «crepa» normativa la mette nero su bianco il Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia attraverso un’ordinanza (n. 00038/2022) pubblicata ieri. Tutto nasce dall’appello di uno studente al terzo anno del corso di laurea d’infermieristica e che, al fine di completare gli studi, avrebbe dovuto partecipare al tirocinio formativo all’interno delle strutture sanitarie, ma ciò gli è stato impedito dall’ateneo, con gli atti impugnati in primo grado, perché non vaccinato contro il Coronavirus.

 

«L’appellante – riporta l’ordinanza - evidenzia che il Tribunale adito ha respinto la domanda cautelare avendo ritenuto (…) che, in un’ottica di bilanciamento dei contrapposti interessi e allo stato dei fatti, appare prevalente l’interesse pubblico a evitare di fare frequentare le strutture sanitarie da soggetti non vaccinati esponendo al rischio di contagio operatori sanitari e pazienti ivi presenti». La giustizia amministrativa, tra l’altro, ricorda che il Dl 44/2021 che regola l’obbligo vaccinale per «gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario» deve interpretarsi nel senso che include i tirocinanti che, nell’ambito del percorso formativo, vengano a contatto con l’utenza in ambito sanitario, ricorrendo le medesime ragioni di tutela dei pazienti previste per i sanitari e gli infermieri. E così come ha fatto il Tar, anche il Cga della Sicilia respinge l’istanza dello studente. Insomma, l’aspirante infermiere è obbligato a farsi il vaccino. Tuttavia, i giudici amministrativi, non hanno mancato di porre alcuni quesiti che arriveranno sul tavolo del ministero della Salute attraverso un’istruttoria.

 

«Si richiedono chiarimenti circa la documentazione offerta alla consultazione dell’utenza al momento della sottoscrizione del consenso informato - si legge ancora sull’ordinanza del Cga -; chiarimenti circa il perdurante obbligo di sottoscrizione del consenso informato anche in situazione di obbligatorietà vaccinale». 

 

In ogni caso, la giustizia amministrativa, in sostanza, evidenzia che sottoscrivere il consenso informato non esclude la possibilità, in caso di effetti avversi del vaccino, di chiedere l’indennizzo, in quanto equivale ad aderire in modo consapevole al trattamento sanitario. In merito, d’altronde, continua ad esserci confusione tra l’adesione consapevole a un trattamento sanitario con la possibilità di chiedere in un momento successivo eventuali indennizzi. L’equivoco di fondo consiste nel pensare che, firmando il consenso informato, si esenta lo Stato da eventuali responsabilità. Ma non è così. Una cosa non esclude l’altra. Ma la poca chiarezza, secondo i giudici amministrativi, non è soltanto sul consenso informato, ma anche sui compiti dei medici di base. E così attraverso l’istruttoria si chiede anche «di comunicare tutti gli eventi avversi (letali e non) e patologie dai quali risultino colpiti i soggetti vaccinati, ed entro quale range temporale di osservazione; ovvero di comunicare solo eventi avversi espressamente elencati in direttive eventualmente trasmesse ai sanitari; ovvero se sia a discrezione dei medici di base comunicare eventi avversi che, a loro giudizio, possano essere ricollegabili alla vaccinazione; si richiede, altresì, di specificare con quali modalità i medici di base accedano alla piattaforma per dette segnalazioni, chi prenda in carico dette segnalazioni, da chi vengano elaborate e studiate». Di certo, mai come in casi di pandemia, l’informazione è abbastanza. Ne serve ancora di più e possibilmente chiara e univoca.