La relazione di Crisanti sui morti di Bergamo: ad Alzano 100 casi prima del "paziente zero" di Codogno
Criticità nelle tempistiche della zona rossa e nelle modalità dell'attuazione del piano pandemico, oltre a una presenza già invasiva del virus in Lombardia ben prima del «paziente uno» di Codogno e con già 100 casi all'ospedale di Alzano Lombardo prima che tutto iniziasse ufficialmente. Sono alcuni dei passaggi chiave della consulenza firmata dal professore Andrea Crisanti, consegnata ai pm di Bergamo che indagano su quanto successe tra febbraio e marzo 2020 quando la Val Seriana fu letteralmente travolta dal Covid.
Oltre 10mila pagine gli allegati della perizia che potrebbe contenere le risposte che i parenti delle vittime aspettano da due anni. Alzano e Nembro, così come gli altri Comuni della Bergamasca, furono messi in ginocchio dal virus che forse non venne fermato in tempo e che dilagò nelle case, nelle fabbriche, nei paesi. I morti sui camion, Bergamo in ginocchio, intere famiglie distrutte: un dolore enorme, che pesa come un macigno su chi è rimasto e che spera nella giustizia per poter capire cosa successo. Quello che emerge dalla perizia di Crisanti è che ci furono «delle criticità- che non significa responsabilità sulla zona rossa in Val Seriana, sia sulla tempistica e sulle modalità con le quali è stata attuata l'8 marzo», ha spiegato lo stesso professore a LaPresse.
Inoltre, ha precisato ancora Crisanti, «sono emerse delle criticità per quello che concerne l'applicazione del piano pandemico nazionale. In modo particolare sono emerse criticità sicuramente molto minori per quello che concerne l'ospedale» di Alzano Lombardo. Proprio quella struttura, al primo caso confermato da tampone il 23 febbraio, venne chiusa e poi riaperta in poche ore senza essere sanificata, Lì, secondo la consulenza ora in mano alla Procura, già «al primo caso Covid positivo» registrato in Italia a Codogno il 20 febbraio 2020 «erano quasi cento i positivi: con 100 casi - tra operatori sanitari e pazient - significa che la maggior parte delle persone si era già infettata». La perizia dunque «fotografa una realtà che certifica che in Lombardia questo virus circolava già: il professore ha retrodatato l'ingresso del virus nella Lombardia già a fine gennaio, inizio febbraio», sottolinea Consuelo Locati, avvocato che rappresenta l'Associazione dei parenti delle vittime Covid. «Siamo molto fiduciosi che la perizia fornisca alla magistratura penale gli strumenti per procedere all'individuazione delle responsabilità».