no a scelte sbagliate
Covid, eliminare il ricorso ai tamponi è come cancellare il termometro
Nella già confusa e, per alcuni aspetti, carente azione di contrasto della pandemia, mancava solo che si suggerisse di abbandonare il ricorso ai tamponi, che - si sostiene da alcuni - causerebbero molti più danni che benefici. Ora, non si esclude che i risultati negativi di questo test possano indurre ad abbassare la guardia nei confronti del Covid, che la ripetizione dei tamponi possa causare ansia e stress, che comunque l'operazione possa essere vista come una pratica che tiene lontana, volens nolens, la normalizzazione. Ma l'immagine che il suggerimento evoca, in chi comunque non è un virologo o un esperto in altri aspetti della materia, è quella della decisione di abbandonare il termometro perché la febbre segnalata potrebbe provocare una nociva preoccupazione o perché l'inesistenza della segnalazione della febbre può stimolare comportamenti azzardati. Se la prassi dei tamponi causa i rischi di cui si parla, allora è sulla comunicazione che il Governo e gli altri organi preposti all'azione di contrasto del virus che debbono agire. Non si può conseguire una «new normal» illusoria, dal momento che, se i contagi e le infezioni non sono stati debellati o quantomeno ridimensionati, gli effetti si manifesterebbero, con o senza tampone, e, almeno in presenza dei sintomi, sarebbe necessario ricorrere ai test. O neppure allora bisognerebbe farlo? Meglio non sapere? Ci si benda gli occhi? È comunque in gioco in questa materia il principio di causalità.
Solo ricerche serie e un approfondimento interdisciplinare possono portare a sostenere che un'impennata dei contagi si è avuta dopo che sono stati rilanciati in grande stile i tamponi. Diversamente, si tratta soltanto del dimostrato non sempre valido principio del «post hoc, ergo propter hoc» (dopo di ciò, dunque a causa di ciò). I suggerimenti in questione, come accennato, sono un obolo alle incertezze che pervadono, «in primis», le discussioni e gli schieramenti, più sotterranei e dietrologici che trasparenti, sul Quirinale. Ora entra in ballo l'ipotesi della finora vituperata ( per le cariche nel settore pubblico e, a suo tempo, per quelle nelle banche pubbliche) «prorogatio» della carica del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non si capisce bene se per l'impossibilità di alcuni parlamentari di partecipare al voto perché colpiti dal Covid o per dare tempo ai partiti per trovare un'intesa che si riterrebbe non raggiungibile entro mandato di Mattarella. Prima di sperimentare, per la prima volta, la «prorogatio», che in dottrina non trova una univoca adesione, occorrerebbe riflettere mille volte, innanzitutto per il tipo di innovazione istituzionale che si introduce e per il segnale che comunque viene dato, mentre semmai bisognerebbe pensare a misure alternative. Poi qualcuno riprende l'ipotesi, in chiave emergenziale, del Mattarella bis. Lo stato di eccezione - si sostiene - richiederebbe una tale soluzione, nonostante le reiterate dichiarazioni di indisponibilità dell'attuale Capo dello Stato che, invece, si spera venga rivista proprio per le condizioni di emergenza. Qui, però, si entra in valutazioni che attengono alla persona ed è opportuno, se non doveroso, astenersene. Anche in questo caso, comunque, si darebbe l'immagine di una fallimentare classe politica incapace di adempiere a un potere-dovere qual è quello dell'elezione della più alta Magistratura dello Stato.
Ciò al di là dei grandi, indiscutibili meriti di Mattarella la cui rielezione, in sé e per sé, non potrebbe di certo considerarsi un errore. Ma un punto penso dovrebbe essere tenuto presente. Il Presidente, nel discorso di fine anno, nel parlare del ruolo del Capo dello Stato, ne ha sottolineato il ruolo da svolgere «fino agli ultimi giorni» del mandato (di sette anni). Chi ipotizzasse la staffetta, dopo uno o due anni, sarebbe in grande errore. Ammesso e non concesso che il Presidente ritenesse, per una grande situazione di emergenza, di rivedere la propria posizione - cosa, si ripete niente affatto scontata, anzi - come da una eventuale richiesta unanime delle forze politiche, non si potrebbe, poi, immaginare che ciò venga da lui fatto per un incarico , benché da nessuna parte formalizzato, di due anni. Lo sbrego sarebbe chiaro e la non voluta ripetizione del caso precedente netta. Allora vale l'invito di un tempo lontano «si torni allo Statuto», che qui si legge Costituzione.