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Covid, i tamponi rapidi antigenici non rilevano Omicron: alberga nella faringe e non nel naso

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I test rapidi non sono attendibili per scoprire se si è positivi oppure no. La conferma arriva dagli esperi.

I tamponi antigenici hanno problemi a rilevare la variante Omicron di Sars-CoV-2 con le sue tante mutazioni. «La sensibilità dei test antigenici, e quindi la capacità di rilevare il vero positivo, oggi oscilla fra il 60 e l’80%, a seconda dei metodi. C’è stata un’evoluzione tecnologica e con la terza generazione di questi test aumenta la sensibilità. In ogni caso, ad oggi non abbiamo una valutazione scientifica che ci dica se i test antigenici rispondono più o meno rispetto a Omicron. Lavori al riguardo ne usciranno a breve. Un discorso diverso va fatto sui test fai da te, per i quali abbiamo più problematiche che si sommano». A spiegarlo all’Adnkronos Salute è Pierangelo Clerici, presidente dell’Amcli, Associazione microbiologi clinici italiani.

 

 

 

Per quanto riguarda i tamponi antigenici fai da te, osserva l’esperto, «abbiamo tre tipologie di problemi: la prima è certamente la sensibilità dell’antigenico, che è ridotta rispetto al molecolare. Ma a questa si aggiunge la modalità dell’autoprelievo, perché non dà certezza che chi si somministra il test forzi e arrivi in fondo al naso per il prelievo del campione. La terza riguarda in maniera specifica la variante Omicron: perché, se il test è in grado di rilevare il virus, la variante Omicron alberga molto più spesso nella faringe che non nel naso, e invece questi tamponi li facciamo solo nel naso». Nel 2020, ricorda il presidente Amcli, «quando sono usciti i primi test di questo tipo, la loro sensibilità era di molto inferiore al 50%. Oggi per gli antigenici si parla di prima, seconda e terza generazione. Modificando la tecnologia è migliorata la performance, la sensibilità. Gli ultimi antigenici, quelli di terza generazione, sono test che, una volta effettuati, richiedono la lettura attraverso uno strumento, su una piastrina. E per la tecnologia che utilizzano sono detti test in microfluidica, che è il sistema in cui corre il tampone dopo che il campione è stato raccolto, e con lettura a fluorescenza, perché lo strumento emette un segnale in fluorescenza. Diversamente da quelli di prima generazione che sono come il test di gravidanza in cui la lettura è ’colorimetricà, cioè c’è la banda rossa che compare quando viene rilevato il virus, per intenderci». 

 

 

Per quanto riguarda i test con lettura in fluorescenza, «la sensibilità aumentata dipende dalla tecnologia usata - precisa Clerici - Anche i test più basici, in ogni caso, hanno migliorato la tecnologia e da una sensibilità del 30 sono arrivati anche al 70%». Quanto alla capacità di rilevare Omicron, «al momento nessuno ha detto: prendo il test antigenico A, lo paragono al molecolare che rileva la Omicron, e vedo quanto risponde. Aspettiamo i lavori in uscita - ribadisce l’esperto - Il test antigenico è un test che ricerca la proteina Spike, che viene comunque prodotta e codificata dall’Rna del virus. Se questo Rna è modificato, anche parte della proteina Spike si modifica. Quindi non è che il test non prende Omicron, ma può esserci un problema legato a una riduzione ulteriore della sensibilità di questo test, che era già in partenza più bassa». Stiamo usando bene gli antigenici oggi? «Per definizione questi test hanno importanza quando c’è un’alta diffusione dell’infezione - conclude Clerici - Quindi hanno un senso oggi, coi numeri Covid che abbiamo, perché sulla massa dei contagi di casi ne perdiamo pochi. Certo è che, se si ha una bassa prevalenza dell’infezione, avendo questi test bassa sensibilità, il rischio è di perdere anche quei pochi casi e di non accorgersi che il virus sta circolando. Il molecolare per cui resta il riferimento in presenza di pochi casi».

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