l'intervista al virologo
"Basta con questi vaccini", Crisanti contro le iniezioni ogni 4 mesi
«Questa maratona vaccinale è sbagliata. Fare vaccini ogni quattro mesi ha un costo sul nostro sistema immunitario. Non è una cosa buona». Il professore Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova, non usa tanti giri di parole per dire come la pensa. In questi giorni milioni di italiani si pongono la stessa domanda. Farà male ripetere tutte queste iniezioni nel giro di così poco tempo? Mentre corre la campagna delle terze dosi, già si parla del nuovo siero contro Omicron che sarà pronto a marzo. E dopo la quarta dose, ci toccherà fare anche la quinta? Crisanti si sottrae a questa logica: «La corsa alle varianti a cui stiamo assistendo è legata alla poca efficacia nel tempo di questi vaccini. Serve una strategia diversa».
Professore, cosa intende?
«Significa che bisogna investire in vaccini diversi, di seconda generazione, che abbiano una durata maggiore. Non è possibile imporre questa maratona vaccinale a un’intera popolazione ogni quattro mesi. Nel lungo termine non è sostenibile».
Cosa vuol dire di seconda generazione?
«Mi riferisco a vaccini mutuati su quelli tradizionali che inducano risposte molto più prolungate. Se durassero due o tre anni non saremmo in questa situazione».
Quindi non a mRna come quelli prodotti da Pfizer e Moderna?
«Certo, non a mRna, è evidente. Non possiamo vaccinare cinquanta milioni di persone ogni quattro mesi».
Astrazeneca, che è a vettore virale, è un vaccino tradizionale?
«No, non lo è?».
Quindi questi vaccini tradizionali contro il Covid sarebbero una novità?
«Sì, finora non ne abbiamo avuti. Le faccio un esempio. Il vaccino contro l’epatite B è per antonomasia uno dei migliori mai realizzati. E dura vent’anni».
Per produrre questo nuovo vaccino bisognerà affidarci ancora alle compagnie farmaceutiche che abbiamo imparato a conoscere nell’ultimo anno?
«No, guardi, io non penso che il problema possa essere risolto da Pfizer o Moderna che preparano il vaccino contro la variante Omicron. A questo punto penso che a livello di comunità europea debba essere lanciata una grossa iniziativa di investimento con fondi pubblici per fare un vaccino pubblico che assicuri una durata maggiore. Così risolviamo anche questo cavolo di problema dei brevetti».
Che rischi ci sono a ricevere vaccini ogni tre-quattro mesi?
«Stimolare il sistema immunitario ogni quattro mesi con un vaccino non è una cosa buona».
Cosa potrebbe accadere?
«C’è sempre un costo a stimolare il sistema immunitario».
Alla lunga potrebbe non rispondere più ai vaccini?
«Non è possibile fare generalizzazioni. Però possiamo dire che il sistema immunitario è una macchina estremamente complessa e il nostro organismo è sviluppato in modo da attivarlo il meno possibile. Attivarlo ha un costo. Quando lei sta male e ha una malattia non sta male a causa del microrganismo che le causa la febbre. In genere è il sistema immunitario che la fa star male».
Fare la quarta e poi magari la quinta dose può comportare rischi per la salute?
«Le ho detto chiaramente la mia posizione. Penso che non sia una buona cosa stimolare il sistema immunitario ogni quattro-cinque mesi. Perché al sistema immunitario queste cose non piacciono».
Pfizer ha detto che a marzo sarà pronto il vaccino contro Omicron. È la strada giusta?
«È una scorciatoia di breve termine. Ne sono convinto».
Quando sarà disponibile converrà farlo?
«Che convenga farlo è fuori di dubbio. A breve termine è ciò che abbiamo. E quindi conviene farlo. A lungo termine, invece, bisogna cambiare strategia».
Come mai non è stato sviluppato un vaccino tradizionale?
«Perché c’è stata una corsa velocissima a questi nuovi vaccini. Mentre quelli tradizionali richiedono più tempo per la sperimentazione».
A Big Pharma, dal punto di vista del profitto, conviene sicuramente mantenere i vaccini attuali...
«Io non faccio dietrologia, non porta da alcuna parte».
In Italia abbiamo le capacità di ricerca per muoverci nella direzione da lei suggerita?
«L’Italia potenzialmente ha questa capacità. Però bisogna creare le condizioni».