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Lotta al Covid, inutile screditare i no vax

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Hoara Borselli
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È alto? Ha la barba? Porta gli occhiali? È una donna? Tutti almeno una volta nella vita abbiamo giocato a «Indovina chi», dove ci si aggiudicava la partita perché più scaltri a scovare l’identikit di buffe caricature nelle persone di Sam, Tom, Anita, Bernard e Bill... Premetto di averlo trovato sempre di una noia mortale, l’unica cosa che probabilmente lo ha reso un evergreen dal 1972 era la simpatia suscitata da quei ridicoli personaggi.

Un titolo di "Repubblica" ci ha riportati seduti intorno a quel tavolo da gioco, con una sostanziale differenza: non si devono più scovare personaggi bensì persone. Esseri umani in carne ed ossa che una caratteristica ben chiara già la hanno, ovvero non hanno risposto alla chiamata vaccinale e come tali vengono messi tutti in un’unica casella denominata NoVax.

L’autorevole quotidiano del pensiero pandemicamente corretto, ha stabilito che tutti coloro che ad oggi non si sono vaccinati, hanno la licenza di terza media, sono disoccupati e soprattutto hanno disagi abitativi. Avete capito bene, chi non si è ancora presentato all’hub vaccinale, non lo ha fatto perché vittima probabilmente di quel caos comunicativo sui vaccini, da cui "Repubblica" si è prontamente chiamata fuori, bensì è un emarginato sociale.

Quindi i circa 6 milioni di italiani scoperti dal siero sono sicuramente incolti, non lavorano e soprattutto vivono in baracche. Analizzando le cifre, sappiamo che il numero più alto di non vaccinati è tra i 40-49 anni (1.221.454) e tra i 50-59 anni (1.038.570), quindi in parole povere, la generazione di mezza età è rappresentata da una folta platea di nullafacenti dal limitato quoziente intellettivo.

Ora che è stato imposto l’obbligo per i disubbidienti, e non farebbero più notizia le minacce di tenerli chiusi in casa come sorci, sputargli nel piatto al ristorante o sterminarli con il Napalm, bisogna screditarli e denigrarli da un punto di vista sociale e culturale.

L’onestà intellettuale che emerge dall’identikit tracciato da "Repubblica" si è assentata per un attimo cedendo il passo ad una sterile retorica smontabile con qualche numero facilmente recuperabile dal web.

Medici, odontoiatri, architetti, notai, insegnanti, professori universitari, liberi professionisti, per fare qualche esempio, compongono le fila di chi ad oggi, risulta ancora non vaccinato e non ci sembrano profili riconducibili all’identikit fornito dal quotidiano di Molinari.

Nessuno mette in dubbio che la platea di quei sei milioni di italiani, non preveda all’interno anche nullafacenti, analfabeti, percettori del reddito di cittadinanza e magari occupanti di baracche, però generalizzare ci sembra un po’ troppo ingeneroso e soprattutto non veritiero. Un quotidiano che consuma fiumi di inchiostro e non si risparmia a denunciare le discriminazioni di razza e genere, diventa oggi il paladino di palesi discriminazioni sociali.
La difesa delle minoranze non può essere un esercizio professato a fasi alterne.

Oppure, ribaltando il problema, se veramente i no vax fossero i disagiati della società, come mai non è proprio "Repubblica" a denunciare la campagna di odio e discriminazione messa in atto contro di loro?
Come mai in questi casi a chi sta vivendo un disagio non viene tesa una mano per aiutarlo e sostenerlo, bensì lo si vuole rendere ancora più brutto agli occhi della società? Perché invece di placare la guerra in atto fra guelfi e ghibellini, buoni e cattivi, non si comincia a mettere in atto una campagna di comunicazione atta a sedare gli animi fomentati in quel tutto contro tutti che sta solo incattivendo le persone?

Da chi si erge a paladino del pensiero democratico ci si aspetterebbe una narrazione dove l’uguaglianza dovrebbe essere un diritto inviolabile e l’essere più deboli non può diventare una discriminazione a convenienza. Il doppiopesismo progressista si ritrova nelle parole di Michela Marzano sullo stesso quotidiano rispetto alle molestie del branco di Milano a Capodanno: «La violenza non ha né colore né origine e, per essere eradicata, la si deve sempre condannare indipendentemente da chi la commette». Quella censura che viene esarcebata verso il branco, viene stigmatizzata verso i no vax.

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