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Nessun congresso sul caso D'Alema. Enrico Letta frena la rivolta nel Pd

Francesco Storace
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Per Enrico Letta il caso è chiuso. Le parole di Massimo D'Alema che hanno scatenato un putiferio nel Pd non determineranno un congresso come aveva chiesto l'ex capogruppo al Senato Andrea Marcucci. I più arrabbiati erano gli ex renziani, che non avevano affatto gradito il riferimento di D'Alema al «partito malato» all'epoca della segreteria di Matteo Renzi. Ma la posizione del Nazareno hanno consentito di sotterrare l'ascia di guerra. Enrico Borghi, lettiano, sottolinea: «Evitiamo di cadere nel tic autoreferenziale di certa sinistra che preferisce guardare al proprio ombelico piuttosto che agli interessi del Paese». Il nodo del rapporto con gli ex-dem di Articolo 1 potrebbe comunque ripresentarsi nei prossimi mesi. Continua il percorso comune nelle Agorà che hanno visto la partecipazione di Roberto Speranza, Pier Luigi Bersani, Arturo Scotto. Agorà che, come ha indicato Letta, dovrebbero chiudersi in primavera. E in Articolo 1 c'è chi fa notare che, a quel punto, una discussione si aprirà: che si fa dopo la collaborazione nelle Agorà? E la risposta è legata al tipo di offerta che verrà data alle politiche del 2023, sempre che la legislatura arrivi a scadenza naturale.

 

 

Il capogruppo alla Camera, Federico Fornaro, lo spiega così: «Bisogna guardare avanti, non indietro. È il momento di ripensare la sinistra e noi vogliamo essere il lievito di questa nuova fase. Il domani è verso una sinistra nuova». E se l'esito fosse quello di un «ricongiungimento» nel Pd, la sola possibilità evocata da D'Alema ha agitato trasversalmente i dem. Non solo gli «ex-renziani» ma anche la sinistra, come dice Gianni Cuperlo: «Chi nel Pd è rimasto, si è battuto da dentro a viso aperto e i fatti alla fine ci hanno dato ragione». Avverte Beppe Fioroni: «Se la logica delle Agorà fosse questa», ovvero un ritorno al passato, «la scommessa di Letta sarebbe inficiata dal revanscismo degli esuli».

 

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