Tra i giovani aumentati del 30% i comportamenti autolesivi e i tentativi di suicidio
Il neuropsichiatra infantile Balottin: “Pandemia lente d'ingrandimento dei loro problemi psicologici. Ecco come limitarli”
Vaccino e minori, un tema che fa molto discutere soprattutto quando si parla dei più piccoli. Ma come vivono i giovani la situazione generata dal Covid 19? Quali effetti ha provocato su di loro la pandemia? Lo abbiamo chiesto al neuropsichiatra infantile Umberto Balottin di iDoctors.it già Direttore dell’Unità Complessa di Neuropsichiatria Infantile dell’IRCCS Mondino e Professore Ordinario di Neuropsichiatria Infantile presso l'Università degli Studi di Pavia.
Qual è il rapporto dei bambini e dei piccoli con i vaccini e in particolare con la vaccinazione anti Covid?
“I ragazzi, quando i genitori li appoggiano, prendendo benissimo la vaccinazione e così faranno anche i bambini, come hanno sempre fatto anche per le altre vaccinazioni. Le metodiche di rapporto con il bambino utilizzate in molti centri, di gioco attraverso l’utilizzo di disegni, di situazioni positive aiutano a rendere la vaccinazione una cosa naturale. Non vedo quindi particolari difficoltà. Il problema è che un 20% degli Italiani invece la pensa in modo illogico contro i vaccini, accettando informazioni false che vengono date da chi non si intende di medicina e a volte anche da alcuni pediatri in cerca di popolarità mediatica. Bisogna fidarsi delle Organizzazioni che sono dedicate alla valutazione degli effetti positivi e negativi dei vaccini. FDA per gli Stati Uniti, EMA per l’Europa e AIFA hanno stabilito che il rapporto rischi-benefici è a vantaggio di quest’ultimo”.
Quali sono le conseguenze sui ragazzi a breve e lungo termine delle tante limitazioni che stanno vivendo e hanno vissuto?
“Sicuramente questa situazione induce delle conseguenze sulla salute mentale a livello generale. Se prendiamo in considerazione la letteratura internazionale abbiamo dati che indicano come l’isolamento sociale a cui ci ha costretti la pandemia, la malattia, il lutto conseguente e lo sconvolgimento dei ritmi della vita familiare inducano una serie di sintomi. Un lavoro recente pubblicato a livello internazionale dice che nei bambini la chiusura delle scuole e la pandemia hanno determinato un aumento del 25% di ansia, il 20% di aumento della depressione e il 15% di aumento dello stress. Da un punto di vista generale questo è il quadro, ci aspettiamo aspetti di accentuazione dei disturbi psicopatologici vari che i bambini e gli adolescenti in particolare hanno”.
Quali sono i problemi emersi?
“La pandemia ha fatto da lente di ingrandimento, i ragazzi che avevano uno stato psichico fragile hanno spesso avuto un’accentuazione dei loro problemi. Nella capacità di reazione dei bambini e degli adolescenti a questa questione della pandemia possiamo distinguere due fasi. La prima è quella della protezione: si è visto che con l’isolamento - con nostro stupore - arrivavano meno bambini in reparto. I bambini sembravano per certi aspetti sentirsi protetti dal fatto che non avevano più una pressione per l’apprendimento, per la scuola, stavano a casa, i genitori erano più presenti, più attenti, più in contatto con i propri figli quindi quasi c’era un effetto protettivo della pandemia. La seconda fase invece è quella della disperazione, della perdita di fiducia, dell’accentuazione dello scontro all’interno del nucleo familiare con i genitori, dell’insofferenza, dell’accentuarsi di disturbi legati all’agitazione, aggressività, scoppi d’ira, si vede di tutto”.
Quali invece le problematiche emerse con i ragazzi più grandi, con gli adolescenti?
“Se parliamo dell’adolescenza parliamo di un periodo della vita caratterizzato da un’accentuazione della sensibilità agli stimoli sociali e anche da un’accentuazione del bisogno d’interazione sociale con i coetanei, oltre che una situazione di conflitto interiore rispetto alla conquista di un'autonomia psichica. Quindi un momento critico nella crescita. Questo ha determinato un aumento del 30% dei comportamenti autolesivi e dei tentativi di suicidio, come segnalato da diversi reparti in Italia, e un aumento dei comportamenti di autoreclusione tipo Hikikomori, con l’adolescente che si chiude in casa, non esce più e riduce tutti i contatti. E poi un’amplificazione dei contrasti con i genitori, delle crisi di rabbia e aggressività e naturalmente ansia, depressione, stress”.
Cosa si sente di consigliare a un genitore come primo rimedio per tentare di attutire il colpo?
“I genitori hanno le loro capacità protettive, come tutti gli adulti e anche i terapeuti, limitate: non si possono cambiare le situazioni difficili come quella che stiamo vivendo. Però certamente è dimostrato che è molto utile mantenere aperto un dialogo costante nel tempo. L’aperta discussione della situazione pandemica è da consigliare. I genitori devono mantenere un atteggiamento propositivo e di fiducia di fronte ai propri figli, incoraggiandoli e rassicurandoli sul fatto che ne usciremo e ci libereremo da questo dramma. Un aspetto che si è dimostrato prezioso per la resilienza è stato l’utilizzo di internet, soprattutto come mezzo online di contatto sociale perché ha attenuato l’isolamento fisico e sociale. Bisogna controllare e moderare quest’utilizzo ma anche sapere che il contatto sociale attraverso i social e i mezzi di comunicazione online è stato fondamentale per i giovani. Naturalmente in presenza di situazioni psicopatologiche gravi bisogna ricorrere agli specialisti e farsi aiutare da un punto di vista sia psicologico che neuropsichiatrico”.