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Le mascherine sono una tassa. Sia il governo a pagarle per tutti

Franco Bechis
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Per fare festa la sera di Capodanno con gli amici gli italiani si sono fatti milioni di tamponi fra il 30 e il 31 dicembre, facendo inevitabilmente registrare numeri di positivi altissimi. In queste vacanze di Natale è scoppiata la tampone-mania, che probabilmente continuerà fino alla prossima Epifania. L'intenzione è sicuramente buona, perché parte dal desiderio di non infettare amici e parenti di cui si cerca la compagnia. Ma è una corsa dispendiosa e pure in gran parte inutile se non dannosa.

 

Chiunque abbia assistito alle lunghe code davanti alle farmacie e ai luoghi pubblici destinati ai test può capire come il sistema di rilevazione con questi numeri sia andato in tilt: le analisi sono fatte molto in fretta e in condizioni di assoluto stress per il personale che deve operare. Si fa inevitabilmente catena di montaggio, e il rischio è quello di analisi troppo frettolose con alte percentuali di falsi negativi o falsi positivi al di là della bontà dei tamponi (quella antigenici di ultima generazione sono equivalenti ai molecolari). Le lunghe attese in code molto ravvicinate sono addirittura fattore di rischio di contagio: fra chi attende il test ci sono sicuramente sintomatici e veri positivi che potrebbero infettare gli altri in queste condizioni.

 

Ho sentito molte lamentele di cittadini sul costo che questo sforzo per le feste comporta alle tasche di ciascuno: si sono calmierati i prezzi, ma anche i 15 euro per un tampone rapido pesano sulle tasche delle famiglie se ripetuti con questa frequenza per tutti i componenti del nucleo. Capisco il problema, ma non si può polemizzare con il governo per questo motivo: le autorità politiche e sanitarie hanno fatto e detto di tutto per disincentivare la corsa ai test, invitando invece i cittadini a vaccinarsi se non l'hanno fatto in precedenza e piuttosto ad accelerare la prenotazione della terza dose. Quelle code non nascono da provvedimenti del governo, anzi. E sono un po' sciocche: il test va fatto se si colgono i primi sintomi (febbriciattola, tosse, mal di gola) o se si è avuto un contatto diretto e prolungato con un positivo, altrimenti sono più inutili che altro. Ho conosciuto anche in questi giorni cittadini che si sono positivizzati o hanno iniziato a stare male a poche ore da un tampone negativo, quindi il test rischia di essere il più delle volte inutile e non si può chiedere al governo che vorrebbe evitare questa corsa folle di pagarne pure il conto. 

 

Hanno invece sicura utilità le mascherine- sia quelle chirurgiche che quelle Ffp2- a cui siamo ormai costretti da decreti e dpcm praticamente tutto il giorno. Anche quelle se usate correttamente (non più di quattro ore indosso) però hanno un costo rilevante per le famiglie. Dovendole calzare all'aperto (chirurgiche) sempre e al chiuso sempre salvo che in casa propria (ma anche qui se si è stati a contatto con un positivo), ne servono almeno 3-4 al giorno per componente del nucleo familiare. E qui invece bisognerebbe che il governo faccia qualcosa in più del poco o nulla tentato fino a qui. Perché è vero che le chirurgiche hanno un prezzo politico di 55 centesimi, e che adesso si propone un prezzo politico di un euro per le Ffp2. Ma una decina di euro al giorno per famiglia media (genitori e un figlio) è prezzo insostenibile per molte classi di reddito e pesante comunque per la maggiore parte degli altri. Il costo delle mascherine imposte alle famiglie oscilla da 4 a 10 volte il beneficio tanto strombazzato che verrà dalla prossima riforma fiscale.

E' una tassa enorme, ingiustificata e anche rischiosa per la salute pubblica. Sembra che Mario Draghi e i suoi ministri, a cominciare da quello della Salute, Roberto Speranza, che fin troppe cautele ha avuto durante la pandemia, non si rendano conto della realtà. Siccome la gente per lo più non è informata e comunque non avrebbe le risorse economiche per seguire le disposizioni governative sulle mascherine, la risolve a modo suo, riutilizzando la stessa Ffp2 per giorni se non settimane o mesi, rendendole del tutto inutili per la protezione propria o per quella altrui. Si mettono di impegno, magari lavandole di tanto in tanto. Ma ne comprano una confezione e con quella vanno avanti per lunghissimo tempo: non c'è alcuna protezione con quelle indosso. Già accadeva per quelle chirurgiche, figuriamoci per i modelli più costosi.

Bisogna fare una riflessione quindi sulle mascherine tenendo presente quello che avviene nella vita reale degli italiani, e non un modello immaginario. Quelle protezioni sono necessarie al sistema di salute pubblica? Sempre e in tutti i casi in cui sono previste? Io penso che all'aperto la loro utilità venga meno e non sia così rilevante come stabilito dai provvedimenti governativi. Ma lo fosse- e lo è sicuramente in luoghi chiusi e affollati- una esigenza di salute pubblica deve essere garantita anche economicamente dallo Stato. Interamente per chi ha redditi medio-bassi, e con un eventuale ticket da pagare per chi può permettersi di più. Capisco che con un utilizzo così intensivo il costo di finanza pubblica sarebbe enorme. Ma signori miei, il calcolo costi-benefici non può essere lasciato sulle spalle dei cittadini. Lo faccia prima di tutto il governo pensando alle risorse che ha a disposizione.
 

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