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Parla Pierpaolo Sileri: "Se vado ad una cena il tampone è inutile. Meglio essere tra vaccinati"

Dario Martini
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«Niente paura ad andare a cena con gli amici. Meglio, però, se sono pochi e tutti vaccinati». E, soprattutto, «nessuna corsa al tampone preventivo, perché è inutile». Pierpaolo Sileri, medico chirurgo e sottosegretario al ministero della Salute, predica prudenza ma anche niente isterismi di fronte all'aumento rilevante dei contagi che si registra negli ultimi giorni.

Sottosegretario, si discute molto sulla necessità di ridurre la quarantena per i contatti stretti, azzerandola o riducendola per chi ha fatto la terza dose. E modificandola per chi ha solo la doppia dose. Lei cosa farebbe?
«È scientificamente accertato che chi è vaccinato, e ancor più con la terza dose, ha molte meno probabilità di infettarsi rispetto ai non vaccinati o a chi ha completato il ciclo vaccinale magari cinque o sei mesi prima. Quindi è sensato, anche da un punto di vista scientifico, graduare la durata della quarantena in base al rischio: più alto per i non vaccinati, minimo per chi ha fatto il richiamo».

Le farmacie sono sempre più in difficoltà. Ritiene giustificato l'attuale aumento del ricorso ai tamponi?
«No. Correre in farmacia appena si ha avuto un contatto a rischio non serve a nulla, tanto più che il virus ha un tempo di incubazione di qualche giorno. Meno che mai il tampone "preventivo", in vista di cene a casa di amici: magari sono negativo adesso, ma sarò positivo domani. Bisogna sempre chiedere e affidarsi al giudizio del proprio medico di famiglia».

 

 

Se lei nei prossimi giorni dovesse andare a cena con degli amici, farebbe il tampone per precauzione?
«Io mi accerterei che tutti i commensali siano vaccinati, possibilmente con tre dosi: in questo modo il rischio, sia di infettare che di essere infettato, si riduce al massimo, molto più che dopo aver fatto un tampone che vale "qui e ora" e non ha alcun valore predittivo».

Bisognerebbe cambiare anche le regole sull'isolamento a seconda del "grado" di vaccinazione del contagiato?
«No, in quel caso a governare è il ciclo di infettività del virus che in genere dura da 1-2 giorni prima sino a 3-4 giorni dopo la comparsa dei sintomi. In Italia attualmente l'isolamento per i positivi è di almeno dieci giorni, di cui almeno gli ultimi tre in assenza di sintomi. Negli USA proprio ieri i CDC hanno raccomandato un isolamento ridotto da dieci a cinque giorni per i casi positivi che non abbiano sintomi. Ci dirà il CTS, sulla base delle evidenze scientifiche, quale è la cornice temporale più opportuna».

L'aumento dei casi positivi è legato al maggior numero di tamponi effettuati o è causato soprattutto dalla variante Omicron?
«Entrambe le cose, ma soprattutto la seconda».

 

 

È vero che Omicron va temuta meno di Delta? I sintomi paiono più simili a un'influenza leggera, se non proprio a un raffreddore.
«Non abbiamo ancora certezze definitive, ma i primi riscontri che vengono dal Sudafrica, dalla Scozia e dall'Inghilterra vedono un importante calo dei tassi di ospedalizzazione. Si tratta però di capire se questa minore aggressività dipenda anche o soprattutto dal fatto che c'è molta più gente protetta dal vaccino, quindi: pensare che Omicron sia più leggera non deve indurci a rimandare la prima o la terza dose di vaccino, anzi è il contrario».

Sia Draghi che il ministro Bianchi hanno assicurato che il ritorno a scuola sarà in presenza. Eppure il maggiore aumento dei contagi si registra proprio nelle fasce 0-9 anni e 10-19 anni. Non sarebbe più opportuno prevedere la Dad quando necessario?
«Il governo è impegnato alla riapertura delle scuole sulla base del calendario scolastico. La Dad è contemplata solo nelle zone rosse, ovvero in presenza di tassi di saturazione degli ospedali e delle terapie intensive dai quali siamo fortunatamente assai lontani. L'invito per i genitori è quello di far vaccinare i propri figli: il vaccino è sicuro ed efficace, aiuta i bambini ed i ragazzi ad essere protetti da una malattia che colpisce anche loro, anche se meno degli anziani, e li aiuta a mantenere vivi gli spazi di socialità e di interazione con i loro coetanei fondamentali a questa età e che sono stati già pesantemente ridotti nei mesi del lockdown».

Molti italiani aspettano a fare la terza dose in attesa di un nuovo vaccino "mirato" contro Omicron. E' giusto?
«No, è sbagliato. Il virus non aspetta, e i vaccini disponibili hanno dimostrato di essere protettivi anche contro Omicron. Tante persone che sono finite in terapia intensiva volevano vaccinarsi ma continuavano a rinviare l'appuntamento».

Crede che in primavera, o al massimo in estate, bisognerà fare la quarta dose?
«Questo ce lo dirà la scienza via via che si renderanno disponibili nuove evidenze e che conosceremo sempre meglio il virus. Preferisco parlare di "richiamo" che nelle vaccinazioni è prassi frequente per risvegliare, richiamare appunto, la memoria immunitaria. Per ora spingiamo sulle terze dosi per proteggerci tutti».

Quale appello ritiene di dover fare agli italiani in vista del Capodanno?
«Di divertirsi in sicurezza, possibilmente con poche persone e tutte vaccinate».

 

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