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La musicoterapia che unisce detenuti e disabili psichici

Reclusi e ragazzi di un centro di riabilitazione insieme per costruire il futuro

Stefano Liburdi
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Due diversi tipi di prigionia, un incontro e un linguaggio universale: la musica. Corpi e menti si lasciano andare e sono finalmente liberi, almeno per qualche istante.Questo è quello che è accaduto nella Casa di reclusione di Paliano, in provincia di Frosinone, durante l’evento «Musica dentro... e fuori», dove i detenuti, prigionieri di quattro mura, e gli ospiti della struttura di riabilitazione psichiatrica Johnny&Mary, prigionieri di confini diversi, hanno suonato e cantato insieme.

Il carcere di Paliano è un istituto particolare innanzitutto perché l'edificio è una vecchia fortezza dal grande valore artistico del XVI secolo, che da un colle alle pendici dei Monti Prenestini ed Ernici domina il paese e l'intera Valle del Sacco e poi perché al suo interno sono reclusi i collaboratori di giustizia che stanno compiendo il loro difficile percorso che li porterà, una volta scontata la pena, a una vita diversa, per molti con una nuova identità.
Da due anni all'interno del penitenziario si svolge Musica Dentro, un laboratorio di musicoterapia condotto dalla musicoterapeuta e musicista Silvia Riccio che vanta un'importante esperienza nel carcere romano di Regina Coeli. «La musicoterapia è una disciplina che utilizza l'elemento sonoro-musicale per favorire la comunicazione e la relazione. In ambiente carcerario facilita il raccontarsi, favorisce la libera espressione di stati d'animo, emozioni e sentimenti», ci spiega la Riccio che aggiunge: «La musica è un codice universale che permette di andare oltre la parola. Il linguaggio musicale insegna ai detenuti nuove modalità di relazioni favorendo un clima non ostile e competitivo ma empatico». 
Silvia poi spiega come nasce l'idea di questo evento per festeggiare e rendere così emozionante il Natale: «La riabilitazione può essere maggiormente favorita se prevede scambi e connessioni anche con comunità e realtà esterne alle mura carcerarie. Così da qualche mese il laboratorio, per volontà della Direttrice della casa circondariale dott.ssa Anna Angeletti, ha accolto un piccolo gruppo del centro di riabilitazione psichiatrica Johnny&Mary del territorio, accompagnato dall'attentissimo amministratore Vincenzo Prisco e suo figlio Diego, batterista». 
I pochi e fortunati spettatori ammessi, sono accompagnati e fatti accomodare, nel pieno rispetto delle regole anti-Covid, in uno dei due lati lunghi di un'antica sala, fatta di mura spesse e bianche. Sul soffitto un affresco impreziosisce l'ambiente. Seduti sul lato opposto, a guardare dritto negli occhi, una ventina tra detenuti e ragazzi in cura, tutti con un cappello da Babbo Natale e uno strumento di percussioni accanto. A sinistra alcuni detenuti pronti ad assistere allo spettacolo e a destra un piccolo palco con batteria, chitarra elettrica e acustica, tastiera e basso. Unici ornamenti una stella di Natale davanti alla tastiera e delle cornici sulle pareti con all'interno le stampe di alcuni articoli della Costituzione. 
Tutto pronto per iniziare, mancano solo due attesi spettatori che però sono rimasti prigionieri (anche loro) del traffico natalizio sull'autostrada. Si tratta di aspettarli facendo passare una decina di minuti, massimo un quarto d'ora. Allora viene chiamato a gran voce il nome di un detenuto. Lui sorride, attende qualche secondo, si alza e comincia a recitare barzellette con una mimica facciale e un'ironia che in un istante catturano il pubblico. Anche i suoi compagni ridono di gusto a quelle battute che chissà quante volte hanno già ascoltato in quei lunghi giorni sempre uguali. 
L'attesa è volata e adesso è tutto pronto per iniziare. Silvia Riccio dà le ultime indicazioni e la Marcia di Radetzky di Johann Strauss segna il via all'incontro. Mani sbattute tra loro e sul corpo, piedi che picchiano sul pavimento, creano un'unica musica capace di far entrare subito lo spettatore nell'atmosfera voluta. Poi è la volta di un brano composto da un partecipante al corso e gli applausi sono lunghi e sinceri. La musica si fa sempre più corale e avvolgente così come le emozioni dominano i presenti. Finito lo spettacolo sono sorrisi, complimenti per tutti e uno scambio di doni. 
«Credo nell'incontro tra persone - dice emozionata la direttrice Angeletti - alla loro connessione. Quando questo avviene, rende la mia vita piena di significato». Poi aggiunge: «Questa è una goccia nell'oceano, ma se questa goccia non ci fosse, cosa sarebbe l'oceano?». Per Vincenzo Prisco «questa è una casa che incontra un'altra casa qui dentro. I ragazzi hanno navigato in acque tempestose, adesso si ritrovano in acque più tranquille, ma ora bisogna costruire degli approdi, altrimenti tutto questo lavoro sarà inutile».
Concetto espresso anche dal Garante Regionale dei diritti dei detenuti Stefano Anastasia: «Dovremo vivere insieme fuori da qui. Occorre quindi costruire un legame per una vita migliore». 
I detenuti e i ragazzi della comunità ringraziano Silvia e chi ha permesso tutto questo e salutano, ma il pubblico vuole prolungare un momento che rimarrà dentro ognuno di loro e chiede il bis. La Marcia di Radetzky risuona nella sala. Questa volta però a creare musica sono tutti i presenti nella sala che si muovono e battono mani e piedi rilasciando un unico suono, uniti come se fossero tutti una sola cosa.

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