puzza di bruciato
Tra The Economist e gli Elkann, quel mondo che tifa per Draghi al Quirinale
Questa settimana il settimanale the Economist ha elogiato l’Italia come Paese dell’anno. A onor del vero va precisato che questa elezione dell’Italia a Stato «cool» non ha nulla a che fare con i trionfi sportivi ma perché abbiamo l’ex governatore della banca centrale alla guida di un paese da sempre visto come furbetto, come cicala e tanto altro. Insomma L’Economist ha eletto Mario Draghi.
Ovviamente la scelta dell’Economist è stata salutata dai media nazionali come un fatto importantissimo; lo stesso hanno fatto i politici del governo, ebbri di cotanta importanza. Soprattutto perché tra i motivi di tale scelta vi è la super performance nella campagna vaccinale. Ci torneremo oltre. Per il momento permettetemi di fare il bastian contrario e accompagnare i lettori nel dietro le quinte di un riconoscimento che puzza parecchio. Quando diciamo «the Economist» dobbiamo tenere a mente due questioni: la proprietà e la cultura politica che incarna.
Partiamo dalla domanda: chi vuole incoronare Draghi? Risposta: un sistema che da decenni vuole surclassare gli Stati, svuotare le Costituzioni democratiche e influenzare i governi nazionali, sostenendo il primato neoliberista delle privatizzazioni, della globalizzazione, della destrutturazione della famiglia e altro ancora. L’Economist è uno degli evangelisti della «lieta novella» neoliberista. E non a caso l’editore di riferimento, cioé l’azionista di riferimento, è la famiglia Elkann. Sono loro, infatti, attraverso la holding finanziaria di famiglia Exor ad avere il controllo dell’Economist Group.
In poche parole l’Economist è degli Elkann, i quali in Italia editano come Gedi, Repubblica, Stampa, l’Espresso. Tralascio il dettaglio che la Exor sia una holding… olandese; e tralascio pure il fatto che il governo precedente aveva sostenuto Fca. Quello che qui va sottolineato è che gli interessi di un certo sistema (John Elkann fa parte del comitato direttivo fisso del gruppo Bilderberg, unico italiano insieme alla giornalista Lilli Gruber) convergono su Mario Draghi e ne sosterranno la candidatura al Quirinale. Draghi al Colle sarà il Presidentissimo ideale per continuare nella sostituzione silenziosa della democrazia con l’oligarchia.
L’Economist elegge l’Italia come Paese dell’anno perché vuole che gli italiani siano la preda sacrificale del grande banchetto neoliberista. Mario Draghi è il papa perfetto, per formazione (Goldamn Sachs) e per attitudine (dal Britannia in avanti). SuperMario sta incastrando l’Italia nel ricatto del Pnrr, cioé il più grande inganno neoliberista partorito dall’Europa dove le economie di eccellenza saranno uccise per dare posto alla globalizzazione. Ma nessuno ne parla. Mario Draghi presidente della Repubblica sarà il playmaker delle partite neoliberiste e globaliste, cioé l’opposto di quel sovranismo e nazionalismo che invece dovremmo esaltare e attuare se vogliamo difendere il Made in Italy.
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Tutto questo è un sottinteso, sta sullo sfondo perché l’Economist, nel motivare l’elezione, si mette sulla scia della retorica «vaccinista» ed emergenziale con cui da tempo stiamo sacrificando la Costituzione. Parlare di vaccini e null’altro è una strategia precisa per consentire le grandi operazioni che legheranno mani e piedi gli italiani nei prossimi decenni in cambio di qualche soldo dato qua e là. I vaccini sono diventati il nuovo Credo per una massa di persone che per lo più in buona fede ha trovato un idolo redentore e salvatore (frutto di multinazionali), un’eucaristia moderna intoccabile, ingiudicabile e infallibile per definizione. Ovviamente in questo clima di euforico fanatismo è impossibile predicare controcorrente. Noi tuttavia non demordiamo), nella speranza che prima o poi i finti miracoli dei finti idoli siano rimessi nelle più volgari pieghe di una cultura globalista dove gli amministratori delegati di multinazionali per nulla esenti da truffe parlano a nome della scienza.