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Pfizer converte i no vax (pagando). Ecco come sta preparando la pillola anti-Covid

Franco Bechis
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Ieri Pfizer ha divulgato i risultati della sperimentazione in seconda fase della sua pillola anti-Covid che si chiamerà Paxlovid. Il colosso americano ha chiesto e attende l'autorizzazione all'uso in emergenza (come per i vaccini) alla Food and Drug Administration, l'ente di vigilanza farmacologica americano che ha seguito passo a passo e condiviso con Pfizer i dati della sperimentazione e quindi non avrà bisogno di lungo tempo per dare o negare la sua autorizzazione. Vi spiegherò poi come funziona la cura, ma è molto interessante capire come è stata fatta questa sperimentazione, perché non era affatto facile mettere insieme il campione dei volontari.

 

Per una ragione principale: era necessario fossero no vax, che non avessero ricevuto fin qui né la prima né la seconda e figuriamoci poi la terza dose di vaccino. Ma non bastava, visto il tipo di sperimentazione: oltre ad essere no vax, era necessario pure che avessero avuto da poco una esposizione al virus perché restati a contatto stretto con qualche positivo, o essere loro stessi con sintomi della malattia da non più di cinque giorni. Dunque un no vax che abbia paura di essere stato contagiato o che abbia contratto il virus da poco e in forma lieve, disposto a buttarsi fra le braccia del simbolo di Big Pharma mondialmente più noto e a diventare proprio per Pfizer una cavia umana nella sperimentazione del medicinale. Sembrerebbe una condizione impossibile, direte voi: come cercare un ago nel pagliaio.

 

E' vero che una multinazionale ha come pagliaio il mondo, ma nel giro di pochissimo tempo (più giorni che settimane) Pfizer ha trovato gli aghi: 2.246 no vax adulti arruolati per la sperimentazione in fase due del suo candidato antivirale orale. Il 41% di quel campione è stato trovato negli stati Uniti, il restante 59% in Europa, Sudafrica e alcuni paesi asiatici. Quel che non hanno potuto le campagne di vaccinazione, i discorsi dei virologi, dei politici e del sistema mediatico, è riuscito invece al colosso farmaceutico grazie allo specchietto per allodole più antico del mondo: la moneta. Non sappiamo quanto abbia offerto Pfizer ad ognuno dei volontari, ma è stato più che convincente. Una lezione per i governi di tutto il mondo.

 

Quei 2.246 volontari per altro sono stati assai più utili di quelli usati da altre cause farmaceutiche in sperimentazioni analoghe, perché la fase 2/3 del Paxlovid è stata un successo: ha ridotto dell'89% il rischio di ospedalizzazione o morte per qualsiasi causa rispetto al placebo fornito in contemporanea. A dire il vero il rischio di morte è stato ridotto del 100%, visto che a 28 giorni di distanza dalla somministrazione della pillola antivirale Pfizer non si è registrato alcun decesso. E' andata meglio della prima fase della sperimentazione, al contrario di quel che è accaduto con la pillola Merck, la cui protezione è crollata nel proseguire la prova clinica. Non solo, durante la prova di Pfizer una delle sostanze usate per comporre il Paxlovid si è dimostrata efficace contro tutte le varianti del coronavirus, Omicron compresa. 

La cura si basa su due sostanze: il Nirmatrelvir creato nei laboratori Pfizer che serve a bloccare un enzima di cui il coronavirus ha bisogno per replicarsi, e il Ritonavir che serve a rallentare il metabolismo in modo che il Nirmatrelvir rimanga attivo nell'organismo per un tempo sufficientemente lungo senza degradarsi. Insieme costituiscono il Paxlovid, che deve essere somministrato due volte al giorno per cinque giorni con due compresse da 150 mg con Nirmatrelvir (300 mg al giorno) e una compressa da 100 mg di Ritonavir. Il farmaco va assunto da chi è stato a contatto diretto con un positivo o accusa sintomi lievi del coronavirus entro il quinto giorno dalla loro insorgenza. Se arriverà in commercio grazie ai no vax che hanno fatto da cavia, proprio per quella fetta di popolazione (per quel mercato in sostanza) è stato immaginato, anche se la pillola potrà essere usata naturalmente anche dai vaccinati contagiati che potranno in modo semplice rafforzare la protezione che si stava erodendo. 

 

Visto che stiamo parlando di Pfizer, vi offro due notizie.Una cattiva e una buona. Quella cattiva è che nei piani di business dell'azienda la produzione del vaccino è immaginata (con numeri ancora da definire) per circa 10 anni almeno. La notizia buona è che i tecnici di Big Pharma hanno prelevato il sangue di contagiati da Omicron e di contagiati dalla versione primitiva del virus facendo esami di laboratorio in vitro più che confortanti. Il sangue dei vaccinati con tre dosi ha prodotto di fronte a Omicron lo stesso numero di anticorpi che una doppia dose di vaccino produceva contro la versione base del virus, e quasi il triplo degli anticorpi di fronte alla variante Delta. Omicron quindi non buca il vaccino, ma si è più certi della protezione solo se si è fatta la terza dose.

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