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Bufera sul Viminale, blitz a Foggia: indagata per caporalato la moglie del capo dell'immigrazione

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Un'inchiesta sul caporalato e lo sfruttamento di braccianti agricoli scatena una bufera sul Viminale, Cosa c'entra il ministero retto da Luciana Lamorgese, già sotto pressione per le lacune sulla gestione dell'immigrazione e dei cortei contro il green pass? Ebbene, tra le 16 misure cautelari dell'operazione scattata a Foggia venerdì 10 dicembre c'è  anche il nome della la moglie del prefetto Michele Di Bari,  capo dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione, originario della provincia pugliese.

 

Vittime dello sfruttamento  numerosi braccianti extracomunitari provenienti dall’Africa, impiegati a lavorare nelle campagne della Capitanata, tutti "residenti" nella nota baraccopoli di Borgo Mezzanone, ove insiste un accampamento che ospita circa 2000 persone, che vivono in precarie condizioni igienico-sanitarie e in forte stato di bisogno.

 

Dopo qualche ora dal blitz Di Bari ha rassegnato le sue dimissioni accolte dalla Lamorgese. La vicenda ha provocato la dura reazione delle forze di centrodestra. "Sbarchi clandestini raddoppiati, 100.000 arrivi negli ultimi due anni, un’Europa su questo tema assente e lontana. E oggi le dimissioni del capo Dipartimento dell’Immigrazione. Disastro al Viminale, il ministro riferisca immediatamente in Parlamento", dichiarano dal Carroccio. 

Il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Francesco Lollobrigida, commenta: "Non basta che il capo del dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione del Viminale si dimetta dal proprio incarico. Dopo anni di continue criticità, serve una vera svolta per mettere la parola fine alla scandalosa gestione dei dossier in capo al ministero dell’Interno che ha in Lamorgese la principale responsabile. Dall’immigrazione alla sicurezza, gli errori e la superficialità del ministro evidentemente riguardano anche gli uomini da lei confermati in ruoli chiave per la gestione del dicastero. Lamorgese si dimetta o sia il presidente del Consiglio Draghi a rimuoverla quanto prima".

 

L'inchiesta foggiana riguarda un giro d'affari di 5 milioni di euro annuo complessivo, relativo a dieci aziende sottoposte a controllo giudiziario dai carabinieri della Compagnia di Foggia e del Nucleo ispettorato del lavoro che, coordinati dalla Procura della Repubblica, hanno condotto le indagini contro l’intermediazione illecita di manodopera e sfruttamento dei lavoratori. Cinque arresti e 11 tra obblighi di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria le misure spiccate oggi. Il lavoro nei campi si sarebbe svolto in violazione dei contratti collettivi nazionali; della normativa di settore relativa all’orario di lavoro e ai periodi di riposo; della materia di sicurezza e igiene sul luogo di lavoro, in quanto impiegavano i suddetti lavoratori senza fornire loro dispositivi per la prevenzione degli infortuni (guanti, scarpe, abbigliamento ecc.), necessari allo svolgimento delle mansioni cui i braccianti, in genere migranti africani, venivano adibiti.

 

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