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Il caso della Gioconda 'dimenticata' di Montecitorio: "Un quadro che vale milioni. C'è l'impronta di Leonardo"

Valeria Di Corrado - Alberto Di Majo
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Vale diversi milioni di euro ed è rimasta per quasi cent'anni a fare da tappezzeria negli uffici dei deputati, appesa vicino a un termosifone, addirittura danneggiata da una caduta accidentale, visibile solo a pochi «eletti». Il pregio artistico e il valore economico della Gioconda di Montecitorio è confermato proprio da chi si è trovato per alcuni mesi vis-à-vis con lei. Cinzia Pasquali, considerata tra le massime esperte di Leonardo, nel 2019 ne ha infatti curato il restauro. «Il dipinto è molto interessante. Non possiamo escludere che Leonardo abbia partecipato alla realizzazione, come anche a quella della Gioconda del Prado - ha spiegato a Il Tempo - Gli allievi copiavano le sue opere: quando il maestro cambiava qualcosa, l'allievo la correggeva di conseguenza. Non è semplice stabilire se nella Gioconda Torlonia sia intervenuto con il suo pennello. Di certo il dipinto è cinquecentesco e dovrebbe essere esposto a Palazzo Barberini, visto che appartiene a quella collezione, invece è in deposito a Montecitorio. Tra l'altro mi ero raccomandata di non metterla sopra fonti di calore perché si rovina».

 

 

Romana, classe '59, Cinzia Pasquali si è formata all'Istituto Centrale per il Restauro. Vive in Francia da circa 30 anni, lavora al Louvre ed è tra le restauratrici più abili e quotate al mondo. Porta la sua firma quello che è stato definito «il restauro del secolo», ovvero la pulitura di Sant' Anna, la Vergine e il Bambino con l'agnellino di da Vinci. «Abbiamo iniziato a studiare il suo atelier solo da pochi anni, perché Andrea Salaì, Francesco Melzi e gli altri allievi erano oscurati dalla fama del maestro, che già nella sua epoca era molto popolare. La Gioconda Torlonia potrebbe essere della scuola leonardesca. È difficile fare una stima di quest'opera, ma si pensi che alcune copie della Monna Lisa di epoche successive sono state vendute a cifre considerevoli».

 

Un esempio è The Hekking Mona Lisa, del XVII secolo e di scuola italiana, acquistata all'asta di Christie's lo scorso giugno per 2,9 milioni di euro. Anche lo storico d'arte Antonio Forcellino, curatore della mostra «Leonardo a Roma» organizzata dall'Accademia dei Lincei dal 3 ottobre 2019 al 12 gennaio 2020, conferma il valore del dipinto: «È un quadro incredibile e prezioso, potrebbe valere almeno 10 milioni di euro. Io penso che Leonardo possa averlo toccato o che comunque sia stato eseguito sotto il suo sguardo. È un lavoro di bottega molto preciso, con delle qualità straordinarie, sia per la storia dei colori, molto più fedele della Gioconda del Prado (che invece ha le maniche rosse); sia per la tecnica dello sfumato, molto più simile alla Gioconda del Louvre. Per questo andrebbe valorizzato. Capisco l'imbarazzo di chi ora deve ammettere che aveva sotto gli occhi un'opera di tale valore e non se n'era accorto, così come non si era accorto che era stata ridipinta e aveva degli squarci, probabilmente perché era caduta. D'altronde questo accade se si tiene un quadro nei salotti, invece che nei musei».

 

 

«Il quadro era nel mio ufficio, quando ero questore della Camera, sulla parete principale alle spalle della scrivania e in bella vista, come è giusto che fosse - spiega Federico D'Incà (M5S), ministro per i Rapporti con il Parlamento - Dopo l'interessamento del senatore Candiani e dell'allora sottosegretaria Borgonzoni, mi sono attivato immediatamente seguendo passo dopo passo le fasi che hanno portato al restauro dell'opera in occasione dei 500 anni dalla morte di Leonardo Da Vinci. Devo dire che fin dall'inizio si è trattato di un quadro che aveva attirato l'attenzione di moltissime persone: ci eravamo accorti che fosse un'opera di valore ed era anche visibile un lieve graffio nella parte inferiore. Seguite tutte le fasi del restauro e dell'esposizione, prima di consentire il prelievo del quadro mi sono assicurato e ho preteso precise e formali garanzie da parte della proprietà affinché, una volta concluso l'iter, l'opera tornasse nella disponibilità della Camera».

«L'opera è stata poco studiata e ancor meno vista, essendo in deposito presso la Camera dei Deputati di Roma fin dal 1925», spiega la storica dell'arte Maria Forcellino nei resoconti dell'Accademia nazionale dei Lincei. Il suo studio ha dimostrato che è «certa la presenza di una Gioconda nel Seicento a Roma, a Palazzo dal Pozzo», e quella Gioconda potrebbe essere proprio quella poi acquisita dai Torlonia. «La storia collezionistica dell'opera non è infatti di secondaria importanza per la sua esatta collocazione nel panorama delle diverse versioni esistenti della Gioconda a Roma e altrove, provenienti sicuramente dalla bottega di Leonardo ed eseguite forse con la sua diretta supervisione, come sembra essere il caso per questo dipinto, alla luce del restauro effettuato in occasione della sua prima esposizione». La riflettografia sull'opera ha dimostrato che «è stata realizzata sulla base di un cartone preparatorio, disegnato probabilmente dal maestro, che veniva bucherellato dagli allievi - spiega Antonio Forcellino - Il carbone veniva fatto passare attraverso questi buchi e tracciava il disegno. Mentre Leonardo andava avanti con il suo dipinto, gli allievi lo seguivano di pari passo con i loro. I documenti storici attestano anche che l'artista stesso, a volte, vi poneva mano».

 

 

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